Quando il medico è un supercomputer: una nuova sfida per Watson

Ricordate Watson, il supercomputer che ha sbaragliato gli umani al telequiz ? La Columbia University di New York ha pubblicato  un resoconto di una interessante collaborazione uomo-macchina che vede Watson sul banco di prova per comprendere se la macchina è in grado di produrre diagnosi mediche affidabili.

Il Professor Herbert Chase del Dipartimento di Informatica Biomedica sta collaborando con IBM per istruire Watson al riconoscimento dei sintomi per produrre una diagnosi medica. Sembra incredibile, ma uno scenario del genere è del tutto plausibile. Watson, grazie alla tecnologia DeepQA è in grado, e lo ha dimostrato ampiamente, di raccogliere informazioni non strutturate e di aggregarle, comparandole con una vasta base di letteratura clinica al fine di produrre la migliore ipotesi possibile che identifichi la malattia alla base dei sintomi. Nessuna macchina può ovviamente sostituire un medico in carne ed ossa, ma un supercomputer come Watson sarebbe in grado di assistere il medico generico con informazioni mirate. Herbert Chase illustra uno scenario assolutamente futuribile in cui la macchina può ricercare all’interno di una base di conoscenza estesa e specializzata in malattie specifiche per identificare quella che meglio collima con le informazioni raccolte dallo stesso paziente.

E’ così che negli ultimi due anni il Prof. Chase e due suoi colleghi del College of Physicians and Surgeons hanno messo alla prova Watson con domande mirate, per comprendere se la macchina è in grado di produrre ipotesi di diagnosi plausibili. “Watson è stato incredibile”, ha detto il Prof. Chase, “basta dire ‘febbre’, ‘perdita di peso’, ‘dolore alle giunture’, ‘pelle irritata’ e Watson risponde con tre diagnosi dall’accuratezza sorprendente”.

Rispetto al telequiz Jeopardy!, il gioco, per Watson, è differente: i medici infatti non cercano la miglior risposta ma due o tre ipotesi in ordine di confidenza che li indirizzino verso la diagnosi. Il Prof. Chase esprime, però, qualche riserva sull’opportunità che il medico generico si mostri al paziente mentre si consulta con una macchina per stabilire una diagnosi e, quindi, una cura. E sottolinea come sia probabile che Watson resti piuttosto “dietro le quinte” in un consulto privato dottore-macchina.

La caratteristica peculiare di Watson, puntualizza il Prof. Chase, è di fornire più risposte in base all’insieme dei sintomi presentati. E’ una facoltà determinante perché due pazienti con identica diagnosi non rispondono alla terapia in modo uguale. Un supercomputer come Watson sarebbe in grado di pescare all’interno della sua immensa base di conoscenza proprio quelle variazioni di terapia che più si adattano alla storia medica del paziente specifico.

Il Prof. Chase ribadisce che la figura del medico è insostituibile: le sue facoltà di ascolto sono cruciali nell’instaurare un rapporto col paziente che renda il più efficace possibile proprio quel dialogo necessario all’individuazione di una cura efficace. I supercomputer entrano in gioco quando si tratta di comparare i sintomi, presentati forzatamente in modo non strutturato, e di collimarli con la vasta letteratura in campo medico e con la storia clinica personale del paziente.

Uno scenario, comunque, notevole che mostra in modo chiaro le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale.

N.B: le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente le posizioni di IBM Corp. UsA.
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