Matematica e antiterrorismo: lo studio di Science

Il primo luglio scorso Scientific American ha pubblicato un articolo interessante sull’applicazione di modelli probabilistici per predire l’eventualità di un attacco terroristico.

Le tecniche di analisi, previsione e riconoscimento basate su probabilità sono ormai patrimonio permanente dell’umanità, su di esse funziona, ad esempio, il filtro anti-spam della posta elettronica. Gli algoritmi di questo tipo, detti appunto probabilistici, non entrano nel merito dell’effettivo significato del dato che trattano, comprendendo quindi “intelligentemente” le informazioni che utilizzano per formulare una predizione. Piuttosto, operano semplicemente attraverso conteggi. L’articolo riportato su Scientific American racconta di una ricerca, pubblicata sul Magazine Science, che adotta proprio l’approccio probabilistico per l’analisi della frequenza di attacchi terroristici.

Il dott. Neil Johnson dell’Università di Miami, autore dello studio, evidenzia un trend di tragico aumento di efficienza degli attacchi terroristici: più gli attacchi si ripetono più si dimostrano letali, con una progressione matematica tipica dei processi di apprendimento. I gruppi terroristici quindi imparano di volta in volta sul campo come organizzare gli attacchi in modo che siano sempre più efficaci e ogni attacco è un vero e proprio momento di verifica e di confronto per migliorare la tattica degli attacchi successivi.

Così, se da una parte il dott. Johnson non ha dubbi sul fatto che sia la pratica a perfezionare la qualità delle missioni terroristiche,  dall’altra questa analisi sconfortante sull’efficacia degli attacchi dimostra anche come sia possibile predire la data del prossimo attacco sulla base dell’intervallo temporale dei primi due e della frequenza di escalation che ne deriva. Con il proseguire della guerra, aggiunge Johnson, gli attacchi si fanno sempre più frequenti e, quindi, caratterizzati da uno schema prevedibile.

Non è la prima volta che si tenta un approccio probabilistico, osserva Scientific American. Già nel 2009, Aaron Clauset, informatico dell’Università di Boulder, nel Colorado, si è occupato di uno studio per la modellazione degli attacchi in Afghanistan. Clauset arriva però a conclusioni diverse rispetto a Johnson, introducendo ulteriori elementi di correlazione come ad esempio la dimensione dell’esercito di irregolari coinvolto nelle operazioni.

In ogni caso gli studi condotti aprono le porte a scenari decisamente interessanti di previsione e riconoscimento di schemi generalizzati di attacchi nell’ambito di conflitti su larga scala. Johnson evidenzia l’importanza di verificare la validità di questi modelli in altri ambiti, come ad esempio nel caso del conflitto in corso in Libia o in guerre passate, come nell’antica Grecia.

Nell’era della conoscenza globale e di Internet, ovviamente, non poteva mancare l’approccio “aperto”. Volete cimentarvi a produrre un modello predittivo ? Non avete che da scaricare i dati di mortalità in conflitto dal sito icasualties.org o dal Progetto Chicago per la Sicurezza e il Terrorismo. Materiale, programmi e documentazione sui modelli matematici applicabili sono liberi e disponibili online.

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