Werner Heisenberg e il Principio di Indeterminazione

Tempo addietro abbiamo parlato di meccanica Newtoniana e di come sia possibile, mediante formule matematiche, prevedere con grande precisione i fenomeni fisici.  Newton fece compiere un balzo in avanti considerevole alla fisica moderna, eppure dal XVII secolo la meccanica non ha mai dormito sonni tranquilli. Nei due secoli a venire fu rivoluzionata per ben due volte, da Lagrange prima e da Poisson poi. Finché, nel 1925, non venne un ragazzo tedesco di ventiquattro anni che rivoluzionò nuovamente tutto, ed ideò una formulazione matematica innovativa in grado di comprendere i fenomeni di dualismo onda-particella: Werner Heisenberg.

Su scala microscopica, infatti, avvengono fenomeni decisamente controintuitivi, ce ne siamo già occupati: onde che si comportano come particelle e viceversa, oggetti che non hanno una posizione precisa nello spazio, e così via. Questo ragazzo tedesco iniziò piuttosto bene: nel 1925 inventò una riformulazione della meccanica in grado di prevedere gli strani fenomeni della scala subatomica e, due anni dopo, grazie ad essa arrivò a dimostrare un fenomeno fisico che demoliva, permanentemente, la certezza di modellare con precisione arbitraria gli stessi fenomeni fisici.

Heisenberg scoprì che per osservare una particella a grandezze microscopiche, se ne altera necessariamente lo stato:

è impossibile misurare contemporaneamente posizione e quantità di moto di una particella con precisione arbitraria

è il Principio di Indeterminazione.

Torneremo sull’argomento con tanto di teoria e le necessarie formulette matematiche, ma il punto fondamentale da comprendere è che per misurare la posizione di una particella occorre illuminarla con una fonte di energia, fotoni, e rilevarne l’energia riflessa. E per osservare un oggetto di grandezza data occorre una fonte di energia di lunghezza d’onda paragonabile alla grandezza da misurare.

Per fare un esempio, gli operatori di telefonia cellulare usano le frequenze superiori al Ghz per illuminare ogni angolo della strada e far sì che le onde radio arrivino anche in aree di un metro quadro di superficie. E le onde radio dei telefonini sono, non a caso, di lunghezza d’onda inferiore al metro. Ciò accade perché la lunghezza d’onda è legata alla frequenza in relazione inversamente proporzionale, cioé tanto minore è la lunghezza d’onda, tanto maggiore deve essere la frequenza. E non solo: tanto maggiore è la frequenza e tanto maggiore è l’energia che l’onda porta con sé. Quindi, se vogliamo misurare la posizione di un elettrone con precisione pari a lunghezze microscopiche, dobbiamo usare una quantità di energia molto grande.

Immaginiamo un esperimento “impossibile” in cui siamo ridotti a dimensione tanto piccola da voler giocare a biliardo con le particelle subatomiche. Se fossimo inseriti in un acceleratore di particelle in cui è in corso un esperimento per la misurazione proprio della particella che vogliamo usare come palla da biliardo, e la particella fosse colpita da un fascio di fotoni ad alta energia, l’urto sarebbe talmente forte da cambiarne la posizione.

Il Principio di Indeterminazione di Heisenberg, che si applica non solo a posizione e quantità di moto, ma su una nutrita serie di coppie di grandezze fisiche dette per questo motivo coniugate, demolisce in un sol colpo  la certezza assoluta di poter esaminare i fenomeni fisci: la sola osservazione modifica permamentemente lo stato dell’osservato. Una realtà fisica dagli impatti filosofici niente male; più si tenta di osservare le dimensioni microscopiche, più imprecisione nell’osservazione siamo costretti ad accettare.

Ci torneremo su.

 

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3 risposte a Werner Heisenberg e il Principio di Indeterminazione

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