Il dramma della solvibilità italiana (parte 2)

Nel post precedente abbiamo visto il meccanismo del prestito innescato dalle istituzioni per coprire il Debito Pubblico. Gli stati sovrani emettono  Titoli di Stato allo scopo di farsi prestare del denaro in cambio di una promessa di interesse, quindi di un vantaggio a lungo termine per chi decide di erogare il prestito.

Quando va tutto bene, il meccanismo del credito costituisce un patto vantaggioso per entrambe le parti: il debitore, cioé lo stato, ottiene del denaro subito, in modo da coprire le spese necessarie a coprire la propria sussitenza, e il creditore, cioé le banche, ottiene un vantaggio economico dilazionato nel tempo.

Così come le banche prestano il denaro per finanziare il consumo, come ad esempio l’acquisto di una nuova automobile, gli investitori (tra cui le stesse banche) prestano denaro allo stato perché questo finanzi i servizi pubblici.

Ma che succede se chi riceve il prestito è a rischio insolvenza, cioé potenzialmente non è in grado di restituire la somma ricevuta più gli interessi ? Nessuno presta denaro ad un insolvente e, quindi, per attrarre capitali il potenziale insolvente è costretto a promettere un tasso di interesse sempre più alto.

Ma promettendo tassi più alti aumenta il rischio di insolvenza, in una spirale di circolo vizioso pericolosissima. Tecnicamente, il termine spread indica il margine di guadagno percentuale che si assicura un intermediario. Tanto per cambiare, il termine è stato usato impropriamente da tutti i giornali per semplificare, pur usando un termine inglese tanto per fare maggiore impressione.

Eppure, senza artifici, il significato dello spread usato in questo modo improprio è terribile già di per sé: indica la differenza percentuale tra il tasso di interesse promesso dalla Germania e quello italiano. Tanto maggiore è il tasso di interesse promesso da un paese, tanto peggiore è il suo rischio di insolvenza.

Notizia di oggi, lo “spread al 5%” significa che l’Italia è costretta a promettere un tasso di interesse del 5% più alto rispetto alla Germania: nell’arco di un solo mese i tassi sono schizzati dal 3.57% al 6.57%. Esattamente come avviene per un alcolizzato che quando inizia bere deve bere sempre di più, l’Italia per tentare di attrarre investimenti è stata costretta mantenere tassi di interesse sempre più altri in un solo mese di risultato netto becchettasse l’interesse schizzato alle stelle

La situazione è drammatica: se vendiamo titoli di stato, dobbiamo farlo impegnandoci ad erogare un interesse folle, che aumenterà ancor di più il nostro rischio di insolvenza. Se invece non riusciamo a vendere titoli di stato, non siamo più in grado di coprire il nostro debito pubblico e, quindi, di far funzionare i servizi essenziali al cittadino come ad esempio le pensioni, la sanità o la scuola.

Il che la dice lunga sulla bomba su cui siamo seduti.

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