La Contrabbandiera di Voghera (parte 2)

Siamo rimasti alle domande sulla questione dell’importazione di tabacco: perché tanto accanimento verso gli acquisti online? Perché la legislazione non è mai stata modificata, in oltre sessant’anni?

Continuo a girare su internet e trovo il D.L.  9/7/98, n.283 (governo Prodi). Il decreto stabilisce che venga istituito l’Ente Tabacchi Italiani – ETI, ente economico pubblico, preposto alle attività produttive e di commercializzazione dei prodotti di Monopolio di Stato, ad eccezione di Lotto e Lotterie.

E’ il primo passo verso un processo di liberalizzazione che, come sappiamo, è ampiamente auspicabile per garantire trasparenza e concorrenza nel mercato a tutto beneficio del consumatore finale. Il DL è solo una tessera del quadro legislativo di liberalizzazione dei prodotti da fumo che, presto, vedrà l’ingresso di operatori dedicati all’importazione dei tabacchi.

E, infatti, a strettissimo giro, negli anni successivi, vengono prontamente fondate società che opereranno nel settore e le grandi multinazionali inizieranno ad affacciarsi a quello che, come evidente, è un business colossale. Per i sigari, le società di distribuzione principali sono Diadema SpA e Cigars&Tobacco Italy srl.

Succede, quindi, che i distributori e importatori si dividono essenzialmente il mercato, tutti i sigari cubani vengono gestiti da Diadema e gli altri  da Cigars&Tobacco. Non ho ovviamente condotto una completa indagine di mercato su tutti gli importatori, ma il quadro che ne esce è chiarissimo: da una situazione di monopolio di stato si è passato, di fatto, ad uno scenario in cui i vari importatori operano in fette di mercato rigidamente divise per marca, non pestandosi i piedi.

Il mercato assicurato, con questo impianto legislativo, è consistente – decine di milioni di euro l’anno – e assolutamente semplice da gestire. Le società di intermediazione hanno bisogno di strutture modeste, tanto da avere un numero di impiegati esiguo (meno di venti), realizzando così profitti ingenti a fronte di una struttura relativamente piccola. Sia chiaro, non è tutto rose e fiori: gli importatori hanno dovuto pagare fior di concessioni allo stato e devono sottostare a rigide regole che impongono l’anticipo dell’IVA ad ogni importazione nei propri magazzini, ma l’affare è comunque vantaggiosissimo.

E sul fronte delle sigarette? L’ETI, istituito nel 1998, è stato trasformato in SpA nel 2000 e privatizzato attraverso un’asta pubblica nel 2003 (governo Berlusconi). Indovinate chi ha vinto l’asta pubblica? British American Tobacco, ovviamente, al prezzo di 2.3 miliardi di €. Insomma, un perfetto un-due bipartisan che ha consegnato una bella fetta di giro di affari del monopolio di stato, di fatto, ai privati. Sia chiaro: i monopoli restano e lo stato ancora lucra ampiamente, ma l’unica differenza e che nell’affare prima ci lucrava solo lo Stato Italiano, cioè noi, e ora anche i privati. E questi privati si contano sulla punta delle dita, quindi ben lontani da un regime di concorrenza, quello che di cui, noi consumatori finali, dovremmo beneficiare.

Ecco il perché dell’accanimento contro le “Contrabbandiere di Voghera”. Lo so che alcuni di voi hanno sorriso quando ho scritto che lo stato siamo noi. Un gruppo di amici tedeschi, tempo addietro, mi rimproverava (in quanto italiano) il fatto che noi italiani non percepiamo lo stato come “nostro”, le leggi come bene comune e, in particolare, il pagamento delle tasse come gesto di civiltà per sostenere lo stato, cioè noi.

Mi sono trovato più volte a sostenere questa stessa tesi di fronte ad audience variegate, per testarne le reazioni. Il più delle volte, come prevedibile, quando dici all’italiano medio che le tasse vanno pagate per sostenere lo stato, cioé noi, ti ride in faccia. Quello che per i nostri cugini europei è un banale e ovvio bagaglio di civiltà a noi italiani fa ridere. Non c’è da stupirsi, quindi, se non riteniamo vantaggioso modificare le leggi per il bene della comunità, e preferiamo lasciar correre.

La vicenda della “liberalizzazione” del tabacco, come tante – ma tante altre – in Italia, ne è solo la naturale conseguenza. E, mi raccomando, non fumate che fa male.

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