Cervelli in fuga e … cervelli parcheggiati (parte 1)

Avrete letto a più riprese della vicenda di Caterina Falleni, ventitreenne livornese. Caterina, con formazione da designer presso ISIA – Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Firenze, negli ultimi quattro anni ha concepito un progetto ambizioso: Freijis, il frigorifero che non usa corrente.

Cristina racconta che quando ha provato a sviluppare  il progetto Freijis in Italia non ha trovato alcun riscontro: disinteresse, poco ascolto e, in definitiva, una netta difficoltà anche alla sola comprensione del potenziale della propria idea innovativa. Cristina presenta allora Freijis alla Singularity University, un istituto cofondato nientemeno che da Google e NASA e, indovinate un po’, vince la borsa di studio e viene ammessa al programma estivo del 2012.

La Singularity University è retta da Ray Kurzwell, teorico dell’informazione con specializzazione in intelligenza artificiale, e privilegia i progetti ipertecnologici, in grado di migliorare effettivamente la qualità della vita. Una idea come quella di Caterina è semplicemente brillante e, chiaramente, viene accolta in men che non si dica dal colosso di Mountain View.

Ora, la domanda chiave che si sono posti tutti i mezzi di informazione che hanno fatto eco alla notizia è: come mai in Italia Caterina non ha trovato spazio? Spulciando tutti gli articoli relativi alla vicenda emerge in modo drammatico che nessuno si è soffermato – neanche tentando di compiere un piccolo sforzo – a raccontare in cosa è effettivamente innovativa l’idea di Caterina.

Il problema è proprio questo: nel nostro paese è estremamente difficile trovare un ambiente che favorisce la comprensione, condivisione e sviluppo delle nuove idee. Nella maggior parte dei casi si rinuncia semplicemente a comprendere e, come effetto diretto, a raccontare. Non è una sorpresa, quindi, che talenti come Caterina non trovino il minimo spazio.

E pensare che Caterina non ha studiato fisica o matematica: è un designer di talento con un grande senso dell’osservazione ed una spiccata intraprendenza. Racconta Caterina che l’idea le è venuta osservando le strutture di refrigerazione in terracotta porosa delle tribù africane. Caterina capisce che l’idea è buona e la realizza  in Italia, proprio presso l’ISIA.

Eppure, l’idea di Caterina non è affatto nuova e, sul mercato, si trovano addirittura esemplari di condizionatore che si basano sullo stesso principio. La tecnologia dei condizionatori evaporativi è già utilizzata dai possessori di camper e roulotte per raffreddare, con pochissimo consumo di corrente, i piccoli ambienti delle proprie “case mobili”.

Come avrete capito, ce n’è da raccontare, ma dei dettagli “tecnici” nessuno si occupa. E ci stupiamo se la cultura scientifica in Italia non progredisce? Ovviamente, in LidiMatematici non possiamo farci sfuggire l’occasione, e non ci limiteremo a rimbalzare semplicemente la notizia, solo per fare “audience”.

Come funziona, quindi, un condizionatore evaporativo, e in cosa è davvero innovativa l’idea di Caterina? A Mercoledì!

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