Hubble Space Telescope: the eye in the sky

Sono oltre 22 anni che, sopra alle nostre teste, ruota silenziosamente ed operosamente una vera meraviglia dell’umanità: il Telescopio Spaziale Hubble.

Era il 24 Aprile 1990, Hubble aveva già alle spalle una storia tormentata: doveva essere lanciato nel 1986, ma l’esplosione dello Shuttle Challenger aveva provocato il fermo per lungo tempo delle operazioni spaziali. Ma neppure a lancio avvenuto le cose andarono meglio. Il telescopio spaziale Hubble iniziava il suo meraviglioso viaggio verso il cosmo già con grandi difficoltà: l’azienda costruttrice dello specchio non aveva tenuto conto dell’indice di rifrazione del vuoto cosmico e così Hubble si rivelò subito un telescopio “miope”.
Ancora un piccolo sforzo, una ulteriore missione Shuttle e la sostituzione dello specchio avrebbe garantito una attività assolutamente prolifica: 700 mila riprese astronomiche in venti anni di attività.

Il telescopio è uno strumento di impatto fenomenale sulla cultura del genere umano. E’ uno strumento che pone l’uomo in relazione con le questioni fondanti della nostra esistenza. E, infatti, dalla comparsa del primo telescopio la concezione umana della realtà è profondamente cambiata. Da quando Galileo ha usato proficuamente il primo telescopio, nel 1609, il modello Tolemaico del cosmo, con la terra al centro, è entrato drammaticamente in crisi.

L’osservazione di Giove e dei suo quattro satelliti Io, Europa, Ganimede e Callisto che gli orbitano attorno ha immediatamente rimosso la terra – e l’uomo-  dal centro del nostro sistema culturale, relativizzandone non solo la posizione nell’ambito del cosmo, ma anche il significato dal punto di vista filosofico. Sappiamo benissimo quale prezzo ha dovuto pagare l’illustre scienziato pisano per questa sua scoperta che ha ribaltato completamente la visione dell’uomo e confutato in un sol colpo le sacre scritture, dimostrando che sono state “viziate” – se non inventate – dalla visione forzatamente assolutistica di una umanità ancora profondamente ignorante in materia scientifica.

Visto in prospettiva, si può dire che in soli 300 anni il telescopio Hubble ha fatto fare decisamente passi da gigante alla conoscenza del cosmo. Sappiamo ormai da tempo che la Terra occupa un posticino di periferia della Via Lattea, la nostra Galassia che, a sua volta, è uno dei membri del cosiddetto Gruppo Locale, composto dalla Galassia di Andromeda, dalla Galassia Triangolo e da una cinquantina di galassie più piccole.

E’ stato proprio Hubble, nel 2008, ad aver fotografato per la prima volta immagini di esopianeti, cioè pianeti esterni al sistema solare, che orbitano attorno a Fomalhaut, nella costellazione dei Pesci Australi, visibile nell’emisfero australe. Fino ad oggi è stato possibile unicamente dedurre la presenza di pianeti orbitanti intorno alle stelle per via degli effetti gravitazionali che questi inducono sulla stella principale.

Hubble, come tutti i telescopi della storia dell’umanità, ha reso un grande servizio alla conoscenza e l’uomo non si rassegna, non sembra voler accettare il proprio ruolo del tutto relativo all’interno del sistema cosmico. La facoltà di esprimere posizioni assolute non ci è concessa. La fisica dimostra che il tempo e lo spazio sono percezioni umane, dipendenti dalle condizioni dell’osservatore e che la nostra facoltà di produrre modelli è solamente adatta a fenomeni circoscritti, non universali. Ma l’uomo è terribilmente abile nell’ignorare le realtà che egli stesso può sperimentare, eppure sarebbe sufficiente prendere un semplice binocolo per vedere, nei cieli bui di tarda estate, le Galassie di Andromeda e Triangolo, nostre compagne di viaggio siderale, assieme al valzer spettacolare dei satelliti galileiani attorno a Giove, il gigante gassoso.

Non stupisce, quindi, che l’astronomia sia stata meticolosamente osteggiata fin dai suoi albori, proprio dagli stessi uomini che, da un sistema basato su un presunto assoluto traggono un potere immenso. Sappiamo come andò a finire con Galileo, il primo uomo ad usare un telescopio per conoscere l’universo: fece importantissime scoperte e fu costretto ad abiurare. E, tristemente, ancora oggi la lotta alla conoscenza è ben viva.

HST andrà in pensione nel 2018, al lancio del nuovo telescopio spaziale James Webb. Lunga vita all’Hubble Space Telescope, quindi, ennesima riprova che la scienza, basata sulla capacità dell’uomo di formulare modelli e teorie sulla base di ipotesi condivise, non di dogmi, è inarrestabile e inarginabile.

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