Aumento dell’IVA al 22%: occhio ai prezzi ingiustificati

iva22-300x207Da domani entra ufficialmente in vigore l’aumento dell’IVA al dal 21% al 22%. Da più parti, e non del tutto a torto, si sollevano preoccupazioni sulla correttezza di applicazione del nuovo parametro.

L’IVA, o imposta sul valore aggiunto si applica su un gran numero di beni di consumo e sui servizi acquistati dal consumatore. I beni e servizi, a seconda della loro tipologia, vengono tassati con una aliquota di IVA che varia tra il 4 e il 22%. Gli aumenti in vigore, in particolare, vanno ad incidere solamente per quella porzione di beni e servizi che, prima dell’aumento, erano assoggettati ad un IVA del 21%.

Pane, latte e giornali sono tassati ad esempio al 4%, mentre il caffé al bar al 10%. Per questi beni non è previsto alcun aumento. I beni acquistabili in negozi e supermercati, come ad esempio il caffé confezionato, passano dal 21 al 22%. Occhio quindi agli aumenti perché:

  • devono essere applicati sulle categorie merceologiche corrette
  • anche per le categorie merceologiche giuste, devono essere applicati solamente per le transazioni commerciali fatturate da domani in poi.
  • per le categorie al 22%, e da domani, l’aumento deve essere pari alla centoventesima parte del prezzo iniziale.

Facciamo due conti, supponiamo di acquistare un bene del valore, IVA esclusa, pari a v. Il prezzo con IVA al 21% è pari a

v x 1.21

il prezzo con l’IVA al 22% è pari a:

v x 1.22

il rapporto tra i due prezzi è:

aumento = (v x 1.22) / (v x 1.21)

il valore v al numeratore e denominatore si semplifica, per cui gli aumenti sono tutti pari a:

aumento = 1.22 / 1.21 = 1.00826446

ovvero 8,3 (arrotondato) per mille: una parte su centoventi.

Così, ad esempio, una fotocamera digitale a listino a 240 euro prima dell’aumento dell’IVA dovrebbe essere venduta a 242 euro. Esattamente un euro in più ogni 120. La benzina, supponiamo costi 1,6 euro al litro, con l’aumento dovrebbe arrivare a 1,6 x 1.22 / 1.21 = 1,613 euro, un aumento netto di 13 millesimi, poco più di un centesimo.

Attenzione quindi agli aumenti ingiustificati, soprattutto da parte di chi adduce scuse sull’incidenza dell’aumento del’IVA sul costo di produzione. Supponiamo infatti che l’aumento dell’IVA si ribalti per intero sul costo di produzione, e che incida due volte sul costo al cliente finale,  il primo sui costi di approvvigionamento della materia prima e il secondo sul valore finale del bene, l’aumento totale andrebbe computato come:

costo di produzione = costo di approvvigionamento x 1,22  + valore aggiunto

costo di vendita = costo di produzione x 1.22

E’ importante ricordare che il commerciante versa l’IVA sul costo di approvvigionamento ma la stessa IVA viene interamente ribaltata al cliente finale, che paga l’IVA sul costo di approvvigionamento più il valore aggiunto. Ad esempio, per produrre una pizza il commerciante acquista merci per un valore di 3 euro, su cui paga un’IVA del 22%, 0,66 euro. Il commerciante aggiunge un compenso di 2 euro per il valore aggiunto e vende il tutto al cliente finale a 5,66 euro + IVA (1,24 euro) = 6,90 euro.

Ripetendo gli stessi conteggi con l’IVA al 21%, si ottiene un prezzo finale di 6,84 euro, con un aumento tutto sommato modesto di meno di 6 centesimi.

Occhio, quindi, agli aumenti ingiustificati, tipo di uno o due euro su una pizza o di dieci o più euro su un bene di consumo elettronico. Rifiutatevi, semplicemente, di acquistare.

(Immagine di apertura: Urbanpost.it)

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