L’algoritmo PageRank di Google: ovvero si fa presto a dire Gatto

googleTutti siamo testimoni dell’ascesa al successo di Google. E, in effetti, il popolare motore di ricerca è diventato un compagno davvero insostituibile della vita quotidiana. E’ grazie all’algoritmo PageRank che i geni di Sergey Brin e Larry Page, fondatori di Google, oggi sono – a ragione – delle vere e proprie star.

Il successo planetario di Google è proprio dovuto all’algoritmo brevettato PageRank, che identifica le pagine web in base ad un “livello di aderenza” alla ricerca effettuata – o rango – rispetto ad una determinata stringa di ricerca. All’epoca dei primi sviluppi, originariamente un progetto di ricerca dell’Università di Stanford, Google veniva soprannominato BackRub (crasi di Back – “ritroso o schiena” e Rub “strofinare”) perché l’algoritmo procede per verifiche successive a ritroso, al fine di stabilire l’importanza relativa del sito rispetto non solo alle parole chiave usate, ma anche al contesto in cui vengono utilizzate.

I motori di ricerca precedenti, infatti, usavano “solamente” le parole chiave per determinare il livello di importanza della pagina trovata. Google si spinge oltre, e tiene conto anche di altri fattori, come ad esempio la frequenza di ricerca di un termine, la storia delle navigazioni precedenti, il dominio da cui proviene la ricerca ed un numero considerevole di altri parametri, coperti da copyright.

L’algoritmo PageRank analizza invece i collegamenti (o link) volontariamente inseriti dagli utenti, assumendo implicitamente che una pagina web sia tanto più importante quanto è collegata ad altre pagine importanti, cioé di alto punteggio di ranking. L’algoritmo calcola un punteggio ricorsivo per pagine, che ad ogni collegamento valuta una somma ponderata dei punteggi PageRanks delle pagine collegate.

Negli anni, il numero di parametri addizionali a corredare e specializzare i risultati delle ricerche web è salito alla ragguardevole quantità di oltre 250 diversi indicatori. Fin qui tutto bene, direte voi, eppure nel 2013 la Commissione europea ha ritenuto che Google Search, attraverso lo strumento della media ponderata, favorisce i risultati che portano ai prodotti della stessa Google, invece di offrire ai consumatori il miglior risultato rispetto alle specifiche esigenze della ricerca.

Insomma, il motore di ricerca risponde con un insieme di risultati che dipendono dal contesto e dalla volontà degli stessi sviluppatori. Per fare un esempio, cercando una parola sola che sia sufficientemente ambigua come gatto, da un telefono cellulare personale collegato ad internet tramite rete cellulare e da un computer da ufficio, si ottengono risultati radicalmente differenti.

Dal cellulare le prime pagine riguardano proprio il gatto, amatissimo animale domestico e tutte le cose che inevitabilmente ruotano attorno ad esso. Dal computer dell’ufficio, invece, il popolare animale domestico passa in secondo piano e il motore di ricerca restituisce pagine relative a professionisti di cognome Gatto e le tematiche inerenti al business dove questi operano.

Un comportamento sicuramente adeguato dal punto di vista dell’efficacia: è comprensibile infatti che dal cellulare personale si privilegino ricerche correlate al tempo libero, cosa che non dovrebbe normalmente essere sul computer aziendale. Si fa presto a dire gatto, quindi, perché la capacità di restituire risultati mirati all’intenzione di chi ricerca pone forti interrogativi anche sul fronte della privacy. E’ necessario, infatti, che il motore di ricerca utilizzi dati personali come i cookies e la navigazione in cronologia.

Una situazione interessante, che pone non pochi interrogativi. Il fatto che la parametrizzazione dei criteri di ricerca sia completamente opaca all’utente può portare, di fatto, ad un potere considerevole nelle mani del colosso di Mountain View. Favorendo o meno questo o quell’interlocutore commerciale con un semplice click del mouse.

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2 risposte a L’algoritmo PageRank di Google: ovvero si fa presto a dire Gatto

  1. Giampaolo scrive:

    Articolo interessantissimo, effettivamente stavo cercando di capire qualcosa su questo pagerank e mi stavo arrovellando per comprendere il motivo del perche’ non riuscissi a farlo salire…
    Ma dopo che Google mi ha tolto anche la foto nei risultati delle ricerche… credo che la soluzione sia una sola: questi di GUGOL sono dei furbacchioni e mi dispiace che la maggior parte “del potere” di Internet sia nelle loro mani.
    Maledizione!!!

  2. teutra scrive:

    Complimenti per il tuo articolo, molto conciso ma esplicativo.

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