Di fisica, biciclette e luoghi comuni che uccidono

1919038_447126058815975_1115789298786341150_nLa convivenza civile è già di per sé complessa in comunione di intenti. Quando poi gli interessi sono in conflitto o prevedono la condivisione di un bene comune, si sa, è veramente materia ostica. A maggior ragione lo è la convivenza sulle strade, difficile tra automobile ed automobile, apparentemente impossibile tra automobile e bicicletta.

Eppure le statistiche, fonte ISTAT 2011, parlano purtroppo di un vero e proprio massacro a danno dei ciclisti: su poco più di 17440 biciclette in circolazione che hanno avuto incidenti, gli incidenti mortali arrivano alla preoccupante cifra di 282, contro i 165 su 20890 incidenti della motocicletta. Il 2011, ormai cinque anni fa, ha visto l’importante sorpasso della mortalità in bicicletta, rispetto alle moto. Ancora più preoccupante è il dato relativo: poco meno di 8 decessi per ogni mille motociclette coinvolte e pari a 1.6 decessi ogni cento biciclette. Una allarmante incidenza rispetto al parco veicoli circolante e coinvolto in incidente di ben il doppio rispetto alle moto.

A dispetto del dato allarmante, che imporrebbe una seria riflessione, la convivenza sulle strade tra biciclette ed automobili è ancora affetta da tanti luoghi comuni che sarebbero anche comprensibili, se non fosse che richiedono un prezzo troppo alto: la vita.

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E’ importante fermarsi a pensare che la dinamica per cui un ciclista muore si svolge sempre e solo in un modo: c’è un’automobile che investe ed un ciclista che viene investito. Quindi, se da un lato va da sé che il ciclista deve lavorare sulla propria condotta in strada per minimizzare il rischio – e così non può che essere visto che ci rimette la vita – dall’altro è fondamentale indirizzare proprio quei luoghi comuni che regnano tra gli automobilisti. Ne vediamo i più tipici.

I ciclisti viaggiano su strade pericolose. Ad essere pericolosa non è la strada in sé, ma il modo in cui viene usata da tutti noi. Laddove non vige un divieto espresso è fondamentale mantenere una condotta che consenta a tutti gli utenti della strada di tornare a casa sani e salvi. Un ciclista che si allena con regolarità attesta le sue uscite tra i 30 e i 100 Km (e oltre per i più allenati), per queste percorrenze le strade pubbliche sono la unica alternativa. Basterebbe solamente rispettare i limiti.

Le bici da corsa non viaggiano su piste ciclabili. La ciclabile non è adatta alla bicicletta da corsa, che per sua natura è fatta per viaggiare ad una velocità intorno ai 30 Km/h. Impraticabile su pista ciclabile perché occupata da chi in bici va per passeggiare, non per allenarsi. Inoltre, le ciclabili sono raramente pulite, quindi poco praticabili con le bici da strada che hanno battistrada più piccoli che le esporrebbero a forature.

I ciclisti mettono in atto comportamenti scorretti. L’elenco di comportamenti additati ai ciclisti è lunghissimo: mancato rispetto del semaforo, camminare affiancati, parlare durante le uscite e chi più ne ha più ne metta. E’ il più pericoloso dei luoghi comuni, sicuramente basato su episodi che talvolta accadono, ma non può assurgere a giustificazione per l’automobilista, tanto da portarlo ad incalzare la bicicletta, sfiorarla o, addirittura, accelerare per assicurarsi di impegnare un incrocio o la strada per primi. 

E’ proprio grazie a questi luoghi comuni che l’automobilista giustifica una serie di comportamenti che, invariabilmente, portano all’ospedale – quando va bene – la controparte su due ruote.

Chi viaggia in automobile ed affianca una bicicletta deve assolutamente comprendere la differenza di forze in gioco. E’ un punto fondamentale che potrebbe, da solo, risparmiare centinaia di vite. Ogni volta che acceleriamo, stringiamo, sfioriamo una bicicletta a velocità sostenuta (spesso fuori dai limiti di legge) stiamo provocando una situazione dagli esiti potenzialmente fatali.

Quando abbiamo parlato dell’energia cinetica, abbiamo visto che per il solo fatto che un punto materiale di massa m è in movimento con velocità v, questo porta con sé una energia pari a:

E = 1/2 m v^2

La quantità di energia è proporzionale quindi alla massa del veicolo e al quadrato della velocità. Vale a dire che, in caso di urto, il ciclista viene investito da una quantità di energia tale da lasciargli difficilmente scampo. E che questa energia aumenta proporzionalmente alla massa del veicolo – un camion che pesa tre volte una macchina, a parità di velocità, triplica l’energia cinetica – e quadraticamente con la velocità – al raddoppio della velocità corrisponde la quadruplicazione dell’energia.

L’energia si misura in Joule o, più convenientemente, nel multiplo kilo Joule (kJ), cioè in migliaia di Joule. Un ciclista allenato con un buon mezzo, che viaggia a poco più di 20 Km/h e con un peso totale di 80 Kg (bicicletta più ciclista) sviluppa una energia cinetica di poco inferiore agli 1.5 kJ. Un’automobile a pieno carico, con 1100 Kg di peso conducente incluso, a 30 Km/h sviluppa circa 38.2 kJ. Raddoppiando la velocità, cioè passando a 60 Km/h quadruplica a 152.8 kJ. In caso di incidente per tamponamento, abbiamo che l’automobile a 60 Km/h porta con sé una energia cinetica di oltre cento volte superiore rispetto al ciclista, Gli esiti, come potete facilmente immaginare, sono drammatici in caso di urto.

Ma l’automobilista non deve solamente evitare di urtare il ciclista: è necessario che eviti accuratamente di sfiorarlo. La formula che segue rappresenta la forza di attrito che il veicolo riceve per il fatto di muoversi nel fluido dell’aria e – per il principio di azione e reazione – con cui spinge l’aria in cui si muove.

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La forza di attrito è proporzionale a:

– densità dell’aria ρ: 1.225 kg/m³
– coefficiente aerodinamico Cd: tipicamente tra 0.3 e 0.5
– superficie frontale A: tipicamente 1.9 mq
– quadrato della velocità v

Così, ad esempio, un’automobile di buon coefficiente aerodinamico, diciamo 0.35, e dal basso profilo come una media che viaggia a 60 Km/h, riceve dall’aria circostante una spinta di poco inferiore ai 12 Kg. Pur senza urtare il ciclista, ma sfiorandolo impercettibilmente, questi dodici chilogrammi di spinta sarebbero sufficienti a provocarne la caduta. Anche qui vale la proporzionalità con il quadrato della velocità: a 100 Km/h abbiamo ben 35Kg di spinta, importanti anche se il veicolo non sfiora il ciclista.

Questa tabella riassume tutte le grandezze fisiche che abbiamo trattato nell’articolo. La prima colonna riporta la velocità del veicolo, la seconda la forza che esercita sull’aria circostante, la terza l’energia cinetica in kJ e la quarta colonna il rapporto tra l’energia cinetica del veicolo e un ciclista che proceda nella stessa direzione, secondo i parametri discussi sopra.

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Così, un veicolo che viaggia a ben 120 Km/h scarica ben 47.3Kg sull’aria circostante, e porta con sé una energia di 611.1 kJ, oltre quattrocento volte quella del malcapitato ciclista che dovesse essere anche solamente sfiorato. Notate come le quantità in gioco crescano vertiginosamente all’aumentare della velocità del veicolo.

Insomma, di fondamentale importanza che si sorpassi un ciclista a debita distanza, circa un metro e mezzo e a velocità moderata, per il resto, è solamente questione di coscienza. Coscienza che impone una serissima riflessione sul fatto che – dati statistici alla mano – provocando un’incidente con una bicicletta abbiamo una probabilità e mezzo su cento che questo sia mortale.

Un parente molto, troppo, prossimo della roulette russa.

-> Vai all’approfondimento sull’energia cinetica

(Dati Statistici: Fonte Istat)

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2 risposte a Di fisica, biciclette e luoghi comuni che uccidono

  1. Ferruccio scrive:

    Considerazioni corrette che purtroppo sono ignorate dalla maggior parte degli automobilisti. Anche a loro rischio, visto che tanti non indossano le cinture o addirittura portano in braccio i bambini sul sedile anteriore provvisto di airbag.
    Andrebbe però sottolineato che anche considerato il rapporto tra le diverse energie cinetiche in gioco, questo non esprime il reale rapporto di forza tra i diversi mezzi. La struttura protettiva dell’auto rende il raffronto molto più sfavorevole per le bici del semplice rapporto tra le energie in gioco.

  2. Pingback: Cosa accadrebbe se tutti rispettassimo i limiti di velocità | LidiMatematici

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