Le ragioni del NO articolo per articolo, cifre alla mano

imagoeconomica_849759Ferve la campagna elettorale per il referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo. In questo articolo elenchiamo le ragioni, articolo per articolo, per cui LidiMatematici propende per il NO.

Il quesito recita:

«Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?»

Al di là del modo in cui la modifica costituzionale è proposta, praticamente un atto di forza proposto dal governo in assenza di larghe intese, il quesito referendario, alla luce di una analisi dettagliata, appare ancora più discutibile. Innanzitutto perché vengono annegate tre riforme in un solo quesito, dando risalto al CNEL che merita sicuramente meno attenzione che non il “dettaglio” della riforma del Titolo V della costituzione.

Davvero difficile comprendere perché il quesito sia stato formulato in modo da riportare in modo esplicito il solo Titolo V della Parte II della costituzione. Glissare sulle altre Parti e su ciascun Titolo di queste,  appare veramente grave. E’ bene riassumerli, visto che siamo un blog di istigazione alla conoscenza (gli altri Titoli sono invariati):

  • Parte I, Titolo IV: Rapporti Politici. Dove si limita l’elezione all’Estero per la sola Camera.
  • Parte II, Titolo I: Ordinamento della Repubblica. Dove si ridefinisce la struttura del Senato.
  • Parte II, Titolo II: Presidente della Repubblica. Dove si stabiliscono le nuove regole per la sua elezione.
  • Parte II, Titolo III: Il Governo. Dove si stabiliscono le nuove regole per la definizione delle leggi, inclusa la fiducia.
  • Parte II, Titolo V: Le Province, Regioni e Comuni. Dove si abrogano le province.

E’ evidente che il quesito referendario è troppo povero per rappresentare veramente l’entità delle modifiche costituzionali. Interrogare i cittadini in modo da celare le informazioni non è certo un segnale di trasparenza.

In rete è reperibile l’intero testo della riforma, a cura della Camera dei Deputati, con gli articoli originali e modificati a seguito della riforma costituzionale, riportati fianco a fianco. Il testo integrale è reperibile a questo indirizzo. In questo articolo commenteremo, per ciascuna delle voci salienti, le ragioni per cui la riforma costituzionale, a fronte di alcuni elementi positivi, rappresenta però un potenziale vulnus per la democrazia.

La riforma costituzionale interviene essenzialmente su tre direzioni:riformacost
– riduzione dei parlamentari al Senato
– modifica del meccanismo di elezione del Presidente della Repubblica
– modifica del meccanismo di elezione della Corte Costituzionale
L’Art. 55, modificato recita come segue:

Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato.

Il primo aspetto importante è che il Senato viene ridotto da 315 a 95 + 5 unità, ha ruolo di raccordo tra lo Stato e gli enti territoriali e i Senatori, eletti tra i consiglieri e i sindaci delle regioni, cessano di rappresentare la nazione. E solamente i parlamentari della Camera rappresentano, quindi lo stato.

A parte una definizione talmente rocambolesca delle competenze del Senato da richiedere che in Costituzione venga fatto esplicito riferimento alle leggi e relativi commi che limitano la competenza. Tanto che l’Art. 70, è praticamente impossibile da interpretare senza i codici alla mano. Complicato per esperti giuristi, figuriamoci da noi comuni cittadini chiamati ad esprimerci in materia. La sostanza è che il Senato continua ad intervenire nel processo di definizione delle leggi, ma solo per i fatti di rilevanza e competenza territoriale. Sempre che non siano stati commessi errori nei riferimenti.

Questa posizione è discutibile, perché a fronte della partecipazione effettiva ad alcune tipologie di legge, i Senatori cessano di rappresentare la nazione. Vale a dire che sono liberi di perseguire gli interessi locali e non quelli nazionali. Unito al fatto che la legge che regola il meccanismo di elezione dei Senatori non è ancora stata definita, questo fatto rappresenta un elemento non indifferente di vulnus democratico. Un Senatore, infatti, sarebbe libero di perseguire gli interessi locali senza che nessuno lo chiami a rendere conto degli effetti delle sue scelte al livello nazionale.

Questo fatto è rafforzato dall’Art. 67 modificato, che infatti eliminando la rappresentatività della nazione per tutti i membri del parlamento, divene

I membri del Parlamento esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato

quindi non più vincolati (attenzione ciò non vale per la Camera) alla rappresentatività nazionale, possono essenzialmente svolgere le proprie mansioni in assenza completa di vincolo rispetto all’interesse nazionale. Un Senatore impresentabile oggi è difficile da sostenere, data la natura di “Camera Superiore” del Senato, mentre domani troverà collocazione perfetta proprio al Senato.

E’ importante sottolineare come la modificata composizione del Senato darà la possibilità, mediante una legge ancora da stabilire, alla Camera di determinare i criteri per la composizione del Senato. In pratica il popolo potrà eleggere solo in modo indiretto una parte dei suoi rappresentanti. Anche prima della riforma era così, ma con la sola Camera dei deputati ad intervenire nel processo di definizione delle leggi che regolano i criteri elettivi del Senato, è indubbiamente un assetto che si presta a manipolazioni. In pratica ci troviamo a votare la riforma costituzionale a scatola chiusa. Non giova certo a rassicurare il fatto che, per definire i criteri di elezione, dobbiamo attendere l’approvazione della riforma. Sarebbe bene condividere prima i criteri, non dopo.

Questo fatto, unito alla modifica dell’Art. 71, che recita:

Il popolo esercita l’iniziativa delle leggi, mediante la proposta, da parte di almeno centocinquantamila elettori, di un progetto redatto in articoli.

riduce in modo imporante la facoltà degli elettori di intervenire nel processo democratico. Il numero di firme era cinquantamila, ed è stato triplicato. Renzi è andato in televisione più volte a sostenere che il razionale di questa scelta è dovuto alla popolazione italiana, che nel frattempo sarebbe “più che raddoppiata”. Affermazione preoccupante: perché Renzi sembra non sapere o fingere di non sapere che la popolazione era, al tempo della costituente, di circa 45 milioni di persone, contro i 60 attuali. Fatte le proporzioni, il numero di firme dovrebbe essere portato a poco meno di 67 mila. Quindi o il governo non sa o mente, non è chiaro quale delle due sia peggio. Il grafico seguente parla da solo:

popolazioneita

L’Art. 73 modificato recita:

Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.

consentendo un meccanismo di fiducia rapidissimo e, soprattutto, governabile da un numero esiguo di persone. Questo fatto, unito alla legge elettorale recentemente approvata (“Italicum”) porta di fatto ad una camera dotata di superpoteri. Decisamente preoccupante (prima occorreva la maggioranza separatamente in entrambe le camere). L’idea di ridurre le garanzie democratiche per accelerare i processi di legge non mette al riparo da schemi di rimpallo e/o controllo che non possono essere limitati modificando le leggi, ma facendo ricorso al senso dello stato. Appare davvero poco giustificabile questa norma “per evitare continui rimpalli di legge tra la camera ed il senato”. Sappiamo benissimo che, quando è stato necessario, non solo le leggi sono state approvate in tempi rapidissimi, ma anche che questi “rimpalli” avvengono come forma di ricatto politico. Ricatto politico che non è affatto scongiuratile con una fiducia accelerata.

Nelle pieghe degli articoli c’è una chicca interessante, Art. 75:

La proposta soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da ottocentomila elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei deputati, e se è raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi.

Questo articolo consente, per le proposte di legge presentate da 800.000 firme, di aggirare il quorum, abbassandolo alla maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della camera dei deputati. Con una percentuale di votanti tra il 60% e l’80% (rarissima), se una minoranza si adopera per racimolare il numero sicuramente importante di 800.000 firme, si avrebbe un quorum bassissimo (tra il 30% e il 40%). Una norma discutibile, che consetnirebbe ad un gruppo ben organizzato e ben finanziato di intervenire in modo significativo nel processo legislativo.  Un processo veramente democratico vorrebbe che il numero di firme necessario per presentare una riforma sia relativamente basso, ed il quorum invece relativamente alto. In questo modo tutti possono proporre, ma solamente se la comunità è veramente partecipe della proposta, allora questa viene accolta. Se fosse una proposta democratica, appunto.

Inaccettabile, poi, l’Art. 78:

La Camera dei deputati delibera a maggioranza assoluta lo stato di guerra e conferisce al Governo i poteri necessari.

prima era necessario il consenso di entrambe le camere. In una situazione paradossale (che tanto paradossale non è) una sola persona, molto ricca e ben organizzata, che unga tutte le ruote giuste può arrivare addirittura a dichiarare guerra ad un altra nazione. Un conto è, infatti, controllare la maggioranza assoluta di 630 deputati e 320 senatori, e un conto è controllare la maggioranza assoluta dei soli deputati (316). Si tratta ovviamente di una iperbole, ma che rende appieno il problema della controllabilità del governo nel nuovo assetto dato dalla riforma costituzionale.

Tornando con i piedi per terra, lo stesso fatto vale per l’approvazione del bilancio, la famigerata legge finanziaria (Art. 81). E siccome la finanziaria sono soldi, facile intuire quanto sia delicato questo aspetto.

Anche sul fronte dell’elezione del Presidente della Repubblica, mentre entrambe le camere sono chiamate alla sua elezione, fatto salvo un quorum più basso dal quarto scrutinio in poi, Art. 83:

L’elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi della assemblea. Dal quarto scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea. Dal settimo scrutinio è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti.

Attenzione che, con il Senato così sgonfiato, l’elezione del Presidente della Repubblica può essere regolata dai soli tre quinti dei votanti complessivi (non dei parlamentari della Camera, come era prima), numero in cui ha maggior peso la Camera. In pratica, anche il processo di elezione del Presidente della Repubblica subisce una considerevole influenza della Camera.

Inoltre, la riforma prevede che sia il presidente della camera ad assolvere le funzioni del Presidente della Repubblica, e non più quello del Senato. Una semplificazione che da un lato potrebbe apparire come tale, dall’altro non fa che aumentare i poteri della Camera, con tutti i rischi visti prima in merito alla sua controllabilità.

A proposito di un Senato degli impresentabili, abbiamo infatti una situazione piuttosto interessante, data dall’Art.88:

Il Presidente della Repubblica può, sentito il suo Presidente, sciogliere la Camera dei deputati.

Il Senato non può essere sciolto. Sta ai costituzionalisti comprendere l’effetto di una simile scelta, ma l’idea di avere dei Senatori liberi dal vincolo di rappresentanza nazionale e intangibili dalla massima carica dello stato, certo, non fa dormire sonni tranquilli.

La riforma non risparmia neanche le garanzie costituzionali. La Corte Costituzionale viene eletta come segue, Art. 135:

La Corte costituzionale è composta da quindici giudici, dei quali un terzo nominati dal Presidente della Repubblica, un terzo dalle supreme magistrature ordinaria ed amministrative, tre dalla Camera dei deputati e due dal Senato della Repubblica.

Prima era un terzo dal Presidente della Repubblica, magistrature e camere congiunte. Con la riforma introdotta, dove la nomina del Presidente subisce fatto una forte influenza della Camera dei deputati, il Senato idem per via della legge non ancora definita che ne regola l’elezione, in pratica il 60% dei voti per il controllo della Corte Costituzionale può essere in mano alla Camera. Alla faccia della separazione dei poteri, visto che è proprio la Corte Costituzionale l’organo preposto a stabilire la costituzionalità delle leggi promulgate. Troppo potere in mano a poche persone.

La riforma tocca poi nel dettaglio l’abolizione delle Province, questa si auspicabile per via del risparmio (500 milioni di euro l’anno, fonte CGI Mestre) in termini sia di assetto che di costi (Titolo V, Artt. 114 e succ.). Ma il dato ancor più interessante è che i costi maggiori si ritrovano nelle spese delle Regioni, proprio quelle che troveranno rappresentatività al Senato. Il grafico seguente è chiarissimo:

spese_prov_2012

(dati 2012, fonte Sole24Ore)

Tutto da vedere il risparmio reale dato dalla riduzione dei soli senatori, che passerebbero da 315 a 100. Anche ammesso che i costi del Senato siano proporzionali al numero dei Senatori in carica, ma così non è, a fronte di un costo medio annuo di 500 milioni di euro risparmieremmo circa 350 milioni di euro l’anno. I conti sono però sicuramente falsati, dato che oltre 200 milioni sono di vitalizi e pensioni.

spesesenato

(fonte Senato della Repubblica)

Sommando i risparmi delle province e della riduzione dei Senatori, ad esagerare, non si arriva neanche al miliardo di euro. Con un debito pubblico di duemila e duecento miliardi. Anche esagerando i conti, stiamo parlando veramente di una bazzecola. Bazzecola che appare sproporzionatamente piccola rispetto alla riduzioni di rappresentatività del popolo Italiano e all’aumento del potere della Camera.

In ogni caso, qualsiasi sia l’esito del referendum, una riforma costituzionale che spacca il paese esattamente a metà è la prima origine della instabilità futura. Quella si, generatrice di instabilità endemica. Proprio la instabilità che si intende combattere.

Per questi motivi, LidiMatematici voterà NO al prossimo referendum costituzionale del 4 dicembre.

LidiMatematici va in pausa e torna a dopo il referendum.

-> Vai all’appello dei costituzionalisti

-> Vai al rendiconto ufficiale delle spese del Senato

-> Vai allo studio del Sole24Ore sui costi delle province

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2 risposte a Le ragioni del NO articolo per articolo, cifre alla mano

  1. corrado morozzo scrive:

    è un momento molto triste per l’Italia, migliaia di persone intelligenti ed istruite stanno dedicando le loro energie per individuare e spiegare le ragioni del NO, uno sforzo intellettuale per poter poter dire “guardate come sono bravo” sto dando il mio contributo per salvare l’Italia dal disastro senza rendersi conto che ad ogni obiezione si riferisce a dei casi particolari che a loro volta potrebbero essere controbattuti con altrettante ragioni esattamente come come si potrebbe dibattere sulle caratteristiche o positive o negative del sistema di governo prima della riforma.
    vorrei portare l’esempio del mantenere in equilibrio una bicicletta, quando il ciclista si accorge di pendere troppo da una parte muove le sue leve per far pendere dall’altra, ed il pendere dall’altra parte non è la soluzione ma è anche l’unico modo per far avanzare la bicicletta e se questa avanza permetterà al ciclista di fare una ulteriore correzione.
    questo è quello che conta, la situazione prima della riforma era in stallo, stavamo perdendo la nostra autonomia, abbiamo trovato un ciclista capace di dare una sterzata, vale proprio la pena di fermarlo e ritornare alla situazione di prima?
    saremmo poi capaci di trovare la persona capace di dare la sterzata senza trovare anche lui un esercito di intellettuali pronti a criticarlo?
    per conto mio non intendo entrare nel merito dei singoli punti preferisco guardare all’insieme ed ad un futuro capace di fare movimento e voterò SI

    corrado morozzo

  2. Maurizio Conte scrive:

    io invece sono entrato nel merito e questa riforma non mi piace
    penso che la nostra Costituzione contenga già gli elementi per poter governare senza stalli, e che sia sufficiente una legge elettorale degna di questo nome per poter migliorare la governabilità
    il governare, poi, è fatto da un insieme di ministri e dalla loro maggioranza, eletta dai cittadini e non dalle segreterie, siano esse reali o virtuali (parlamentarie ed altre “grillate”)
    non mi piace l’idea di un “ciclista” di turno che raddrizzi il mezzo; gli uomini soli al comando mi piacciono solo quando affrontano il Pordoi, non quando si è in democrazia
    non mi dilungo perché molti dei motivi li ha già scritti Carlo ed altri se ne trovano in rete e quindi voto NO, per il merito di quello che si va a votare, perché penso con la mia testa e non con quella delle segreterie o dei direttorii e non mi è mai importato nulla dire a qualcuno “guarda come sono bravo”
    dispiace che, sia pur con educazione e pacatezza, anche qui le argomentazioni contro chi vota NO siano comunque offensive; capisco le ragioni del SI, ma non le condivido, non dico che chi vota SI lo faccia per qualche tornaconto o vanità personale e mi piacerebbe che si dicesse lo stesso anche di chi vota NO

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