Quel figlio che non ho…

gerbino_figliChe il tema della omogenitorialità sia difficile è indubbio, lo si capisce da subito dal  linguaggio evasivo, grigio e oscuro che la descrive: stepchild adoption, utero in affitto, unioni civili. Tutti termini che raccolgono una difficoltà culturale che è drammaticamente oggettiva, nel nostro paese.

Con l’aggravante che il tema torna di moda ogni qualvolta fa comodo al politico di turno, in un verso o nell’altro, per aumentare il proprio consenso. Nonostante le domande dell’editoria stampata, vedi Stefania Rossini sull’Espresso del 19 febbraio 2016, la posizione ufficiale della scienza tarda ad arrivare, e gli interventi di chi è qualificato veramente a partecipare a questo spinosissimo dibattito sono rari e sporadici.

Ed è in questa nicchia di assenze che si colloca “Quel figlio che non ho … Storie di donne e di uomini tra diritti, scelte personali e condizione umana”, di Claudio Gerbino, toccando tutti i temi più delicati e compiendo una operazione analitica di ampia visione prospettica:  dalle coppie o individui sterili in cui uno o entrambi i partner sono impossibilitati ad avere figli, all’omogenitorialità.

Il Dott. Gerbino, psicologo, psicoterapeuta e psicopedagogista, fondatore e direttore del Centro Koinè è stato già ospite in questo blog e, con questo libro, compie una operazione decisamente coraggiosa, se non a tratti scomoda.

Il libro conduce il lettore attraverso nove raccolte di storie tratte dall’esperienza quarantennale di psicologo e psicoterapeuta, di uomini e donne che vogliono avere un figlio a tutti i costi, che vorrebbero non averne, che fanno i conti con la frattura – spesso drammatica – tra motivazione, desiderio, obblighi morali indotti e sensi di colpa. Il decimo gruppo è invece preso dalle Sacre Scritture, ed è illuminante per comprendere meglio l’influenza culturale sul desiderio di avere un figlio, e della difficoltà che deriva dal non poterne o non volerne avere.

Nella seconda parte del libro il Dott. Gerbino compie una operazione difficile per il lettore, ponendo l’indice sull’aspetto essenziale del desiderio di avere i figli, o dell’impossibilità di non averne e del volerne ad ogni costo: la motivazione del genitore e i potenziali conflitti di questa con gli interessi del bambino.

E’ un tema scomodo, perché pone il lettore di fronte al proprio vissuto, e alla necessità di comprendere le motivazioni alla base della necessità di avere un figlio a tutti i costi. Avere un figlio per appianare i propri conflitti irrisolti è una soluzione purtroppo illusoria, così come basare le proprie scelte avocando il diritto, sia chiaro universale ed inalienabile, ad avere figli senza aver prima risolto, o quanto meno indirizzato, il proprio vissuto. Soprattutto quando questo è fortemente conflittuale: le storie proposte nel libro parlano chiaro.

Si badi bene, non si tratta di una critica tout-court all’omogenitorialità, ma di una analisi con dati e casistiche cliniche alla mano. Mentre l’adozione in coppie omogenitoriali, così come nelle coppie eterosessuali, non mostra una differenziazione significativa nello stato di salute e di felicità del bambino, aspetto che il testo tratta e che riconosce in modo chiarissimo, il tema della maternità surrogata e, in genere, della separazione precoce tra genitori e figlio merita attenzione.

Una separazione troppo precoce del bambino dalla madre è infatti causa di grande sofferenza sia da parte che della madre che del bambino. La psicologa e psicoterapeuta Gabrielle Rubin analizza proprio l’impatto della privazione della reverie materna, cioè delle coccole e vezzeggiamenti che, dalla pancia della mamma, accompagneranno il bambino nell’infanzia e fonderanno una solida base di sicurezza emotiva per l’uomo che sarà, domani, quando vivrà la propria vita nel mondo e nella quotidianità.

Una trattazione coerente di questi temi impone che si analizzino in modo asettico e basato su solide osservazioni scientifiche proprio tutti i temi correlati al rapporto genitore figlio. Il testo riporta dati interessanti, da un lato l’assenza di uno o dei due genitori è un fattore di rilievo nell’equilibrio psichico del bambino. Le ricerche di Walter Toman mostrano come la perdita di uno dei due genitori in età precoce sia correlata con alcuni specifici disturbi della personalità, pur essendone – sia chiaro – un fattore non necessitante.

D’altra parte il mancato riconoscimento è un fattore importante nello sviluppo della psiche, che gioca purtroppo in negativo. Dell’impatto del mancato riconoscimento sul corpo e sulla memoria del corpo ci siamo occupati in passato: gli effetti provocati del mancato riconoscimento pongono l’individuo in una condizione in cui egli non è consapevole pienamente di non aver ricevuto adeguato soddisfacimento dei propri bisogni, mentre è il suo corpo a parlarne, spesso inascoltato.

La costellazione familiare, ovvero l’ordine di nascita del soggetto, gioca anche un ruolo importante, per cui non è infrequente che alcuni schemi inerenti al bisogno percepito di maternità e paternità si incrocino con specifiche configurazioni di fratelli, sorelle e genitori. Con tutto ciò che ne consegue: dal bisogno di emulazione di una situazione di presunta normalità alla necessità di ricreare una condizione percepita come rassicurante, frutto invece di mancanze e di conflitti non correttamente elaborati.

Il Dott. Gerbino fa un discorso apertamente e dichiaratamente politicamente scorretto sull’avere figli. E’ un diritto? Un bisogno? Una necessità? Se è un diritto, è inalienabile: come si concilia questo diritto con il diritto al benessere dei figli?

Un punto di vista da addetto ai lavori con un taglio divulgativo è necessario e soprattutto auspicabile, per aiutare il lettore ad orientarsi in modo informato e non settoriale su un tema di grande attualità.

Il libro è edito da KOINÈ – Centro Interdisciplinare di Psicologia e Scienze dell’Educazione®, ISBN 978-88-87771-41-1

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