Quando il branco è Social e Media

violenzadonneIl mese è appena a metà, eppure già si profila con un settembre nero, questa fine estate 2017, per le donne. I fatti di cronaca li conoscete bene: dallo stupro di Rimini a quello di Firenze, fino all’omicidio di Noemi, da parte del “fidanzatino”.

Si è speso un fiume di parole, frasi violente in un caso e curiose circonlocuzioni nell’altro, con i marocchini che diventano “branco” ed un approccio curiosamente possibilista e fortemente garantista per i Carabinieri.

Ciò che è davvero interessante in questa vicenda che ha trovato eco sia nei Media che, inevitabilmente, sui Social Network, è che ad eclissarsi completamente è stato il rispetto per l’unica, vera, parte lesa di tutte queste vicende: la donna.

Violentissimi i commenti nei confronti dei giovani marocchini, più attenuati nei confronti dei Carabinieri con pochi, pochissimi, momenti di riflessione sul livello di violenza inaudito che hanno subito le donne, in quanto categoria, e che continuano a subire anche solo nei toni.

Ormai quattro anni fa abbiamo pubblicato, su questo blog, il rapporto del Domestic Violence Intervention Program, sviluppato nello stato del Minnesota, Stati Uniti. Nello studio le forme di violenza alle donne vengono sintetizzate attraverso un semplice grafico che, putroppo, parla da solo:

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Sono state spese parole a fiume sul cosiddetto “branco”, eppure sembriamo non renderci conto che la violenza è un processo talmente radicato nella nostra cultura da non essere semplicemente ascrivibile alle evidenti violenze accadute: stupri, omicidi, non sono altro che la punta dell’iceberg di un clima intollerabile, endemico. Talmente endemico da ritrovarlo costantemente sui Media (giornali, TV) e, ovviamente, sui Social Network.

Basta leggere i commenti sui Social per rendersi conto che rispondono alla perfezione agli schemi di abuso censiti proprio dalla Violence Wheel rappresentata nello studio americano.

Ogni volta che sui social o nei media diciamo che le ragazze “se la sono andata a selasonocercatacercare”, perché erano ubriache o “poco” vestite stiamo continuando – di fatto – ad esercitare violenza sulle donne. Minimizzare, usare i sensi di colpa, rifiutare di riconoscere l’abuso subito addossandone la colpa – appunto – alla donna è una violenza. E questa violenza viene usata da tutti noi, da chiunque continui a diffondere questo messaggio.

Ogni volta che diciamo che “non è  opportuno” che una donna esca per conto proprio, come è stato per le ragazze americane, stiamo di fatto imponendo privilegi maschili, che consistono nell’assegnare ruoli specifici ai generi, limitando di fatto la libertà della donna. E’ evidente come, anche questo schema di abuso, sia dilagante.

Quante volte abbiamo letto sul web o nelle testate giornalistiche che le ragazze ameircane sarebbero state delle poco di buono, facendo sempre perno sull’ubriachezza e sulla presunta “libertà di costumi”. Chiunque abbia detto o scritto queste cose ha compiuto di fatto un abuso emotivo, anche questo censito e rapprensentato dallo studio americano.

I contorni della vicenda sono quindi chiari: la violenza alle donne è frutto di un clima endemico della società. Clima che, putroppo, è trasversale attraverso le culture.

E, questo, dovrebbe far riflettere.
Dovrebbe.

-> Vai all’approfondimento sulla Violence Wheel

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2 risposte a Quando il branco è Social e Media

  1. Stefano Gliozzi scrive:

    Completamente d’accordo.
    Se vogliamo, uno de drammi (minori rispetto agli eventi) è che il branco è sempre sociale media. O meglio, i social media fanno sì che anche l’ubriacone da osteria ipostatizzato da Eco, abbia una cassa di risonanza per fare proseliti.

    Caro Carlo, visto il mestiere che facciamo: ci chiediamo mai se siamo in qualche modo complici ?

    • LidiMatematici scrive:

      Me lo sono chiesto tante volte: chissà se realizzando algoritmi sempre più “intelligenti” non stiamo rendendo le persone sempre meno attive mentalmente? Ho in cantiere un articolo impressionante in merito.
      Un caro saluto!

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