Dire, Parlare, Comunicare: le pericolose sovrapposizioni tra il linguaggio dell’uomo comune e il soggetto con diagnosi clinica certa.

La casa editrice Koiné – Centro Interdisciplinare di Psicologia e Scienze dell’Educazione ha pubblicato Dire-Parlare-Comuncare, Psicopatologia dell’espressione verbale, un libro rivolto agli addetti ai lavori che può anche essere letto ad una platea più ampia.

E’ un testo innovativo perché, per la prima volta, si rivolge agli addetti ai lavori proponendo un approccio basato sulla ermeneutica del linguaggio, ovvero sulla interpretazione del significato inteso dal parlante. Il libro è frutto di un lavoro di ricerca estremamente complesso, durato quasi venti anni, che ha un duplice obiettivo: da un lato propone un approccio sistematico alla analisi del linguaggio e dall’altra pone l’accento sulla correlazione tra gli elementi linguistici usati nell’espressione confrontando pazienti per cui è stata fornita una diagnosi clinica certa (schizofrena, paranoia, nevrosi, disturbi della personalità, etc) e la popolazione cosiddetta “di riferimento”, ovvero normale.

Il libro è originariamente destinato a psicologi e psicoterapeuti, ma può essere letto da una platea più ampia perché, nei primi sei capitoli, fornisce tutti gli strumenti necessari per la comprensione dei risultati clincici che propone con la presentazione delle tavole statistiche riassuntive.

Nei primi sei capitoli il Dott. Claudio Gerbino, psicologo e psicoterapeuta responsabile del Centro Koiné e attivo nel campo da oltre quarant’anni, si addentra infatti nel dettaglio necessario a stabilire il terreno comune su cui si muove l’intero studio: dagli elementi di psicolinguistica e psicodinamica, alle basi di linguistica con Saussure e Chomsky, passando per la discussione sul linguaggio e lo stile comunicativo e, infine, alla ermeneutica del linguaggio.

Molti di questi temi sono stati trattati in questo blog, per cui si rimanda ai consueti link di approfondimento a fine articolo. Lo studio si basa sulla somministrazione di due gruppi di tavole, il primo composto da una serie di foto e un disegno e il secondo da una serie di disegni ed una foto.

L’intervistatore nel prendere nota delle risposte raccoglie anche alcuni dati anagrafici e di storia famigliare necessari a corredare la analisi delle opportune informazioni di background, come ad esempio la posizione di nascita (ad es. ultimo di quattro fratelli, figlio unico), scolarizzazione del soggetto e dei genitori, eventuale decesso di uno o tutti e due i genitori, eccetera.

Le tavole sono state sottoposte sia ad una platea di soggetti con diagnosi clinica certificata, sia ad un gruppo di controllo di persone prelevate dalla quotidianità. I soggetti sono chiamati semplicemente a descrivere il contenuto di ogni tavola.

Le descrizioni sono state poi etichettate secondo la metodologia di Carlos Castilla del Pino, psicologo e psicoterapeuta spagnolo deceduto ormai da una decina di anni, che ha regalato alla comunità scientifica un contributo piuttosto copioso: occorrono decine e decine di pagine solo per elencare le citazioni e i titoli dei suoi lavori.

Il capitolo sulla ermeneutica dell’inguaggio è già illuminante di per sé, prima ancora di leggere i risultati dello studio. Castilla del Pino propone un approccio ermeneutico, ovvero di interpretazione del linguaggio, che ha lo scopo non di verificare il contenuto ma di analizzare la forma con cui questo viene espresso dal parlante. In estrema semplificazione, non è tanto cosa dice la persona ma il come lo dice ad essere rivelatore della psicologia della persona stessa.

Ne forniamo qui solo una breve introduzione, perché il lavoro di Castilla del Pino (Intoducciòn a la hermenéutica del lenguaje, 1972) è molto più complesso ed è necessario leggere il libro per comprenderlo in modo più profondo. Le frasi possono essere suddivise in sottosezioni (sintagmi) secondo la struttura ad albero proposta da Noam Chomsky, pure discussa ed introdotta nel dettaglio dal libro.

Ciasun sintagma o gruppo di sintagmi viene ricondotto ad una proposizione, cioé ad un singolo blocco dal valore di affermazione, poi etichettato dallo psicologo che lo interpreta secondo una struttura ad albero le cui due categorie più alte sono:

Indicativa: destinata alla descrizione dell’oggetto
Estimativa: destinata alla qualifica dell’oggetto

ne riportiamo qui una definizione semplificata per motivi divulgativi, è importante tenere a mente che la definizione originaria ha sfumatore di maggior complessità.

Una proposizione indicativa ci parla dell’oggetto a cui è rivolta, ad esempio:

Questa è la testa di un uomo

mentre una estimativa è:

Questa donna è bella

Le indicative e le estimative si suddividono a loro volta in vere o false. L’indicativa è vera quando è verificabile, mentre è falsa quando non lo è o quando è falsa in senso proprio. Così, ad esempio:

Questo è un fantasma

è una indicativa falsa perché il fantasma non è una entità verificabile.

Le esitmative ci parlano invece delle percezioni del parlante, ecco un caso di estimativa falsa:

Quest’uomo è triste

di nuovo, classificata da Castilla del Pino come falsa perché non verificabile.

Questo è un esempio di estimativa vera:

Quest’uomo mi appare triste

in questo caso il parlante è cosciente della sua percezione e verbalizza questa sua coscienza. Nel caso della estimativa falsa chi si esprime non è cosciente che, invece, sta proiettando la sua realtà di riferimento su un soggetto esterno.

Le estimative false, quando predominanti nel linguaggio osserva Castilla del Pino, sono segno di dinamismo paranoide: quante volte abbiamo letto il politico di turno dare del cretino a qualcuno o offendere la platea?

Quando predominano le estimative false (semplificando: i giudizi proiettati senza percezione del soggetto che le emette) è un chiaro segnale correlato con la scarsa cultura o, analogamente, di accumulo di informazione non interiorizzata. Esattamente ciò che avviene sul web: tante pillole estrapolate qua e là ma nessuna vera sedimentazione del contenuto come strato culturale permanente della persona.

Ci sono poi altre modalità espressive indicatrici di problemi psicologici di fondo. L’ olofrase, cioè la frase dalla struttura semplificata ad indicare un significato più apmio. Esempi che conosciamo, con dolore: “Me ne frego”, “a casa”, “gufi” e tutte le interiezioni ad esse assimiliabili.

Altro esempio è la alloproposizione, cioé la risposta ad una proposizione con un’altra decontestualizzata rispetto alla prima, un caso lampante – tratto dal web – è a destra.

Ora, sebbene il testo sia clinico e non ha certo mire di porsi come trattato di politica, appare chiaro che l’utilizzo di frasi di questo genere da parte di un politico pone il dubbio se sia il politico stesso ad avere il problema o se la frase è costruita per sintonizzarsi sulla folla cui è destinata. Ad ogni modo, questo chiarisce in modo evidente le motivazioni alla base del linguaggio dei partiti populisti, e della sua efficacia.

Lo studio si addentra ancor di più nei meandri di questa analisi, con ulteriori suddivisioni delle estimative e indicative vere e false in totali e parziali, proseguendo per la analisi delle alloproposizioni ed addentrandosi nel dettaglio degli schock e dei blocchi. I dettagli, chiaramente, possono essere colti dal lettore interessato solamente leggendo il libro.

Alla fine del processo di etichettatura, ciascuna proposizione viene convertita in una sequenza di classificazioni tipo IVT-EFP-EFT, nell’esempio ad indicare una sequenza di indicativa vera totale, seguita da un estimativa falsa parziale e da una estimativa falsa totale. In questo modo è possibile convertire il linguaggio in una distribuzione di categorie e, su queste, applicare un approccio di tipo statistico-distribuzionale.

Le conclusioni dello studio meritano attenta riflessione:

I risultati della nostra ricerca portano a pensare che la maggior parte della popolazione generale abbia la tendenza ad usare espressioni verbali con le carattersistiche tipiche delle persone che rientrano nella classe di patologie F60-F69 dell’ICD

L’ICD è un sistema di classificazione dei disordini mentali in categorie e, in cui la fascia F60-F69 corrisponde ai disturbi della personalità paranoide, antisociali, narcististici e altro.

Al di là delle classificazioni cliniche il punto chiave è che la analisi di correlazione degli elementi di etichettautra secondo l’ermeneutica di Castilla del Pino tra gruppo di controllo (“i normali”) e pazienti con diagnosi certificate, dimostra chiaramente che la grande massa tende ad esprimersi in modo indifferenziato rispetto a ai paranoici.

La spia della modalità espressiva del gruppo di controllo dei normali sono proprio le evalutative false e le indicative false, parziali o totali. Queste mostrano chiaramente come le persone adottino un linguaggio che è la spia di una realtà colta in modo parziale e distorto in cui vengono semplicemente proiettate le proprie convinzioni. Un fatto in convergenza con il fenomeno e gli effetti dell’Analfabetismo Funzionale ampiamente analizzato dal linguista Tullio de Mauro.

E’ un fenomeno dilagante e anche dagli aspetti transnazionali, come lo stesso Gerbino indica quando si riferisce al modello della “morte delle competenze”, che pure abbiamo tratto in questo blog.

Un dipinto a tinte fosche in cui i politici hanno la loro responsabilità:

In un mio precedente lavoro (…) ho già commentato il linguaggio dei politici e i suoi effetti devastanti sull’opinione pubblica. (…) usano un linguaggio infarcito di minacce, instillano la paura del diverso, manipolando le menti più deboli tra gli elettori: è l’eterno slogan “affidatevi a noi e vi proteggeremo”

I massmedia hanno il loro peso in questo quadro:

Anche il linguaggio usato dai mass-media (giornali e TV) è improntato alla paura sociale, alla paura del diverso, al doversi difendere dai pericoli incombenti (addirittura dalle malattie).

i social network rappresentano un osservatorio privilegiato di questi comportamenti:

E’ esperienza comune che il linguaggio di molti frequentatori della rete è pura espressione di aggressività paranoica, basata sul meccanismo della proiezione: insulti, violenze scritte e minacce di passare all’acting out (…).

E’ una realtà con cui siamo chiamati a fare i conti non solo per le implicazioni sociali, ma anche per gli aspetti socio-economici che comporta. Per i più curiosi, in calce all’articolo alcuni link di approfondimento.

-> Vai all’approfondimento su Saussurre

-> Vai all’approfondimento sula “morte della competenza”

-> Vai all’approfondimento sull’Analfabetismo funzionale

-> Vai all’approfondimento su Chomsky

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