Quando il gioco si fa serio

Ricorderete sicuramente gli interi pomeriggi, da bambini, spesi in gioie e disperazioni tra Viale dei Giardini e Parco della Vittoria o le interminabili battaglie per conquistare “il terzo continente a tua scelta”. Erano le sfide ai grandi dei classici giochi da tavolo come Risiko! e Monopoli.

Giochi, d’accordo, eppure riflettendoci su, nessuno di noi aveva la minima idea di cosa fosse e di dove sia la Kamchatcka, se non fosse stato appunto per Risiko! E già, perché il gioco non ha solo valenza di passatempo, ma è un veicolo efficace ed estremamente valido di apprendimento. Giochi apparentemente semplici come Scarabeo consentono di sviluppare competenze linguistiche importanti.

Un fatto di cui ovviamente i produttori di giochi sono ben consci, tanto che il mercato oggi vanta una ampia offerta  di giochi progettati sulla base di solidi modelli matematici, ma realizzati in modo tale che questi siano completamente trasparenti al giocatore finale.

E’ il motivo per cui il mercato dal gioco da tavolo, pur essendo di nicchia, è piuttosto fiorente e oggi vive addirittura una ulteriore fase di slancio grazie alle piattaforme online di crowdfunding come Kickstarter.

Ma chi è il giocatore tipo? Questa domanda se l’è posta un giovane, Uriel Cozzolino, appena laureatosi in Scienze della Comunicazione (Media and Performing Arts – DAMS), con una tesi sul potenziale divulgativo dei videogiochi, in cui traccia non solo l’interessante parallelo tra videogiochi e scienza, ma delinea anche un profilo interessante di serious games, ovvero dei giochi che trascendono l’aspetto meramente ludico per mettere coraggiosamente il piede nel territorio della complessità.

A partire da questa esperienza Uriel rilancia passando dal videogame al gioco da tavolo e propone un sondaggio in una comunità social di serious gamers, giocatori da tavolo esperti, tra cui il sottoscritto, i quali hanno risposto con un certo entusiasmo, consentendogli di raccogliere un campione non trascurabile di oltre 900 osservazioni.

Ne emerge un quadro piuttosto interessante in cui il giocatore esperto e tutt’altro che un ragazzino:  quasi 4 giocatori su 5 hanno una età tra i 26 ed i 55 anni, con il restante quinto piò o meno interamente collocato nella fascia 19-25.

Anche il profilo occupazionale parla chiaro: la maggiorparte dei giocatori sono studenti ed impiegati, ma non manca una rappresentanza piuttosto nutrita di professionalità “alte”, come medici, ingegneri, liberi professionisti.

Il gioco da tavolo rappresenta, quindi, una opportunità tanto per il singolo utente, per via dell’indubbio stimolo cognitivo che fornisce, tanto per la società per le interessanti opportunità di mercato che offre.

LidiMatematici è un blog di divulgazione scientifica con una sezione appositamente dedicata al gioco da tavolo e non potevamo certo lasciar passare questa iniziativa così: Uriel è un ragazzo molto disponibile ed abbiamo quindi il piacere di ospitarlo, con le consuete quattro domande.

D: Come hai sviluppato l’interesse per l’aspetto culturale e divulgativo del gioco?

Ho sempre provato un particolare interesse per il mondo scientifico e, di conseguenza, una grande ammirazione per i divulgatori: individui che dedicano buona parte del loro tempo ad acculturare chi altrimenti si approccerebbe con difficoltà a determinati argomenti.
Allo stesso tempo, mi considero anche un accanito videogiocatore. Vedendo la facilità con cui certi giochi riescono a raggiungere moltissime persone, non ho potuto fare a meno di notare un enorme potenziale latente nell’industria di videogames.
Se più case di sviluppo si preoccupassero di inserire elementi di divulgazione scientifica e culturale all’interno dei loro prodotti, i circa 2.5 miliardi di videogiocatori che esistono al mondo guadagnerebbero un’enorme possibilità di arricchimento.

D: cosa sono i serious games e chi è il serious gamer?

Per citare il ricercatore tedesco-americano che ha coniato il termine Serious Game, questo è “un gioco con un esplicito e ben definito scopo educativo, non pensato primariamente per il divertimento, senza però escluderlo” (Clark C. Abt , 1970).
Nella categoria dei serious games rientrano tutti quei titoli il cui scopo primario non è l’intrattenimento. Possono quindi essere considerati tali, giochi che puntano al miglioramento delle condizioni fisiche dei propri utenti, che cercano di perseguire un fine educazionale o che riescono ad esaltare un patrimonio culturale.
Questo è stato il caso di “Assassin’s Creed II” che, anche se non è propriamente considerabile un serious game in quanto il suo obiettivo primario è quello di intrattenere l’utente, è riuscito a spingere numerosi videogiocatori a visitare il comune di Monteriggioni. Infatti, stando ad una ricerca del 2016, circa un turista su sei ha conosciuto il borgo toscano grazie al videogioco.
Il serious gamer, invece, potrebbe essere chiunque si approccia ai serious games. Non ci sono requisiti o barriere da superare per poter apprendere qualcosa giocando. Al contrario, sin dall’antichità il gioco viene utilizzato come potente mezzo di insegnamento.

D: il tuo sondaggio traccia un quadro piuttosto incoraggiante del profilo socio-economico dei serious gamers: persone caratterizzate da competenze e capacità di spesa tali da sostenere un mercato in crescita. Nella tua tesi di laurea discuti il profilo del videogiocatore secondo cinque criteri tassonomici (Attività, Modalità, Stile di interazione, Ambiente, Settore di applicazione), pensi che questo approccio alla classificazione sia applicabile ai giochi da tavolo per proporre strategie di mercato mirate?

Premetto che non mi considero ancora sufficientemente esperto in questo settore per poter fornire un’opinione attendibile.
Chiarito ciò, credo che il mondo dei board games e quello dei videogiochi siano estremamente simili sotto molti punti di vista. Ne consegue che la tassonomia dei serious games di cui parlo all’interno della mia tesi, potrebbe essere facilmente traslata anche verso il campo dei giochi da tavolo. Ovviamente, sarebbe opportuno riadattarne alcuni aspetti per ottenere migliori risultati dalle strategie di mercato.

D: la tua tesi ha un capitolo molto interessante sull’impatto dei videogiochi sull’apprendimento. In questo blog abbiamo trattato spesso gli aspetti cognitivi legati al gioco da tavolo, pensi che sia possibile tracciare in modo sistematico questi effetti positivi anche al gioco da tavolo e, quindi, usarlo per favorire l’apprendimento?

Il serious game più antico su cui abbiamo informazioni è “Mancala”, un lontano antenato dei giochi da tavolo del 1400 A.C. che è sopravvissuto fino ai giorni nostri. Oltre ad essere un passatempo, Mancala veniva utilizzato per la contabilità e lo scambio di cibo ed animali.
Da allora, sono stati fatti innumerevoli passi in avanti, compresi molti tentativi di inserire componenti didattiche all’interno dell’esperienza ludica. Durante la Seconda Guerra Mondiale, la Germania nazista ha sviluppato un gioco da tavolo, “Luftschutz tut not!”, atto a normalizzare il pericolo della guerra aerea per i civili . Il board game in questione istruiva i bambini sul corretto comportamento in caso di un bombardamento.
Esistono già numerosi esempi di giochi da tavolo che favoriscono l’apprendimento. Quindi si, penso sia possibile riconoscere gli elementi che stimolano il processo di apprendimento nei board games e sfruttare tali elementi per creare nuovi titoli dall’importante componente divulgativa.

-> Vai agli articoli di approfondimento su LidiMatematici

-> Contatta l’autore per i dettagli sulla tesi di laurea “Il Potenziale Divulgativo dei Videogiochi”

 

 

 

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