Capire il DDL Zan

Il 23 marzo 2018, ormai tre anni fa, un gruppo di deputati presentava la proposta di legge n. 569, che passerà come DDL Zan, ad iniziativa – appunto – del deputato di Sinistra e Libertà Alessandro Zan.

Storicamente attivo ed impegnato sul fronte del riconoscimenti dei diritti civili a tutela delle coppie di ogni orientamento sessuale, nella promozione delle unioni civili, nel riconoscimento della famiglia anagrafica come unione basata su vincoli affettivi in senso esteso oltre al convenzionale matrimonio, Alessandro Zan centra appieno con il suo DDL un tema che ormai rappresenta una vera e propria ferita nella nostra democrazia: una legge che tuteli in modo forte e netto i diritti della comunità LGBTQ e che indirizzi il fenomeno della omotransfobia.

Dopo un lungo e travagliato iter, la legge viene discussa ed approvata (in cinque articoli) alla camera il 28 ottobre scorso, compiendo così il primo passo per colmare una lacuna legislativa che, come racconta lo stesso Zan in una intervista a Repubblica, vede l’Italia al trentacinquesimo posto in Europa in quanto ad accettazione sociale della comunità LGBTQ.

Allo stato attuale il DDL Zan, approvato alla Camera, è osteggiato dalla commissione per la calendarizzazione al Senato essenzialmente grazie al semplice “trucco” di spostarne sempre in avanti la data di discussione, sapendo che verrebbe tranquillamente approvato. A fare ostruzionismo è la Lega, curiosamente con la partecipazione di Italia Viva che ha richiesto alcune modifiche al testo, tanto da doverne riprendere l’iter approvativo nuovamente alla camera.

E’ importante sottolineare, cosa che pochi hanno fatto, che l’iniziativa di Zan non è stata isolata: in sede di discussione alla Camera il comitato per la legislazione ha unificato la proposta di legge n. 569 capitanta da Alessandro Zan con le proposte di legge nn. 107, 868, 2171 e 2255, presentate in un lasso di tempo che si estende fino al novembre 2019.

E’ la riprova – semmai ce ne fosse il bisogno – che una legge contro l’omotransfobia, con le opportune estensioni a tutte le categorie ritenute fragili come ad esempio i disabili ed in una certa misura le donne, è assolutamente necessaria.

Le proposte di legge, in varie misure, estendono le seguenti leggi:

  • artt. 604 bis e ter del codice penale in materia di contrasto dell’omofobia e della transfobia
  • leggi 13 ottobre 1975, n. 654 e 25 giugno 1993, n. 205 per il contrasto dell’omofobia e della transfobia nonché delle altre discriminazioni riferite all’identità sessuale
  • articolo 90-quater del codice penale, in merito alle condizioni di particolare vulnerabilità dei soggetti

Queste proposte di legge sono state collettivamente riassunte dal comitato per la legislazione in dieci articoli, che qui riassumiamo.

L’Art.1 prevede l’estensione dell’articolo 604 bis del codice penale al sesso, al genere, all’orientamento sessuale e all’identità di genere. Nel suo assetto attuale il 604 bis punisce con l’arresto fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6000€ chi fa propaganda ed istiga a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica religiosa.

L’Art. 2 modifica invece il 604-ter, che delimita il perimetro delle aggravanti in merito alla discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, aumentando le pene della metà. Con il DDL Zan, le aggravanti sono parimenti estese al sesso, al genere, all’orientamento sessuale, all’identità di genere .

Se il DDL Zan fosse convertito in legge, già con i primi due articoli alcune delle affermazioni pubbliche stigmatizzate da Fedez sul palco del concerto del primo maggio sarebbero ampiamente perseguibili penalmente.

L’Art. 3 recita testualmente:

Ai sensi della presente legge, sono consentite la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte.”

una smentita alle parole di Salvini dalla D’Urso, che aveva stigmatizzato il DDL Zan come un mezzo per mettere a tacere le diversità di vedute sulla adozione da parte delle famiglie LGBTQ.

L’Art. 4 estende le leggi 13 ottobre 1975, n. 654 e 25 giugno 1993, n. 205, che puniscono la diffusione di messaggi discriminanti

“in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorita’ o sull’odio razziale o etnico”

estendendolo in modo analogo a quanto stabilito nei precedenti articoli ai temi dell’orientamento sessuale, del genere o della disabilità. Lo stesso articolo disciplina, inoltre, le pene da comminare e le eventuali circostanze particolari che ne determinano la attuazione. Se passasse il DDL Zan alcuni post sui Social andrebbero a costituire fattispecie di reato, così come – nuovamente – alcune delle incredibili affermazioni pubbliche citate da Fedez.

L’Art. 5 estende alla condizione di disabilità quanto già previsto dall’attuale Art. 90 – quater del codice penale, che determina le tutele (e le relative pene) per le persone in condizione di particolare vulnerabilità. Anche questo articolo rappresenta un importante passo avanti  definendo ed estendendo la condizione di vulnerabilità.

“Per la valutazione della condizione si tiene conto se il fatto risulta commesso con violenza alla persona o con odio razziale, se è riconducibile ad ambiti di criminalità organizzata o di terrorismo, anche internazionale, o di tratta degli esseri umani, se si caratterizza per finalità di discriminazione, e se la persona offesa è affettivamente, psicologicamente o economicamente dipendente dall’autore del reato.”

Vulnerabilità che oggi è essenzialmente circoscritta all’odio razziale e che domani – si spera – sarà estesa anche ai temi del genere, dell’orientamento sessuale e della disabilità.

E’ interessante notare che l’iter approvativo fin ora percorso si ferma a questi primi cinque punti.

L’Art. 6 istituisce la “Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia” con data 17 maggio, come momento collettivo di riflessione e di attivismo.

L’Art. 7 è importante perché estende quanto già previsto dal decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215 per la definizione di una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale, al genere o alla condizione di disabilità.

L’Art. 8 stabilisce un altro importante presidio: i sussidi economici addizionali da stanziare per il fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità

“al fine di finanziare politiche per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno delle vittime”

Non bisogna infatti dimenticare che il fenomeno della omotransfobia genera non solo una grande sofferenza nelle vittime, ma spesso proprio lesioni gravi se non gravissime. Ricordiamo, tra tutti, l’assassinio di Willy Monteiro.

Art. 9  regolamenta l’esecuzione di attività di monitoraggio statistico a supporto della valutazione del fenomeno delle discriminazioni e della violenza, con pubblicazione “almeno triennale”. Decisamente poco, su questo fronte, aggiungiamo noi. Ma è sicuramente un passo importante.

Infine, l’Art. 10 stabilisce il perimetro della copertura finanziaria delle iniziative esposte negli articoli precedenti.

-> Vai al DDL sul sito della camera dei deputati
-> Vai all’approfondimento sul razzismo in Italia

(Immagine di copertina di VanityFair)

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