Bestemmiano in piazza: ricercati. Ma la legge è incostituzionale.

Il 3 aprile scorso, ha fatto scalpore la notizia del gruppo di giovani  “ricercati” dalla stazione di carabinieri di Pontecorvo, in provincia di Frosinone, per aver urlato bestemmie durante una processione religiosa. Un comportamento ovviamente deprecabile, che trova anche riscontro nel codice penale, per la precisione nell’Art. 724, per non parlare dell’ira, per la plateale blasfemia dei presenti alla cerimonia. Il comandante della stazione ha fatto acquisire le immagini delle telecamere di sicurezza per identificare i responsabili e comminare loro la sanzione prevista dalla legge.

Così recita l’Art. 724:

Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti. Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la divinità o i simboli o le persone venerati nella religione dello Stato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 51 a euro 309.

La sanzione amministrativa è frutto della depenalizzazione ex art. 57, del d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 507. Ma ciò che rende la vicenda interessante è che l’Art. 724 del c.p. è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza del 18 ottobre 1995, n. 440, specificamente in relazione alle parole “o i simboli o le persone venerati nella religione dello Stato”.

Così la sentenza della Corte Costituzionale:

Massime relative all’art. 724 Codice Penale Corte cost. n. 440/1995 È costituzionalmente illegittimo l’art. 724, primo comma, del codice penale, limitatamente alle parole «o i simboli o le persone venerati nella religione dello Stato».

Vale a dire che la sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 724 del codice penale per violazione del principio di libertà di pensiero e di espressione sancito dall’Articolo 21 della Costituzione Italiana. Nella fattispecie, la sentenza ha stabilito che l’articolo 724 costituiva una restrizione ingiustificata alla libertà di espressione, in quanto puniva comportamenti che non arrecavano alcun danno effettivo a terzi e che, pertanto, non avevano una giustificazione sufficiente per giustificare una sanzione penale.

E’ interessante notare come la Corte abbia sottolineato che il reato di bestemmia e di manifestazioni oltraggiose verso i defunti è una norma obsoleta e non più in linea con l’evoluzione della società italiana e dei suoi valori culturali e religiosi.

Per quanto possa sembrare inviso ai più, la decisione ha rappresentato un importante passo avanti nella tutela dei diritti fondamentali degli individui e nella promozione della libertà di espressione in Italia. La dichiarazione di incostituzionalità di un articolo del codice penale che punisce la bestemmia e le manifestazioni oltraggiose verso i defunti, rappresenta un importante passo avanti nella promozione del principio di laicità dello Stato.

E’ bene ricordarlo, la laicità dello Stato si riferisce alla separazione delle istituzioni pubbliche dalle organizzazioni religiose, e alla promozione di una società in cui le diverse opinioni e credenze religiose sono rispettate e tutelate. In una società laica, lo Stato non può assumere posizioni in materia di religione, anzi è tenuto garantire la libertà di culto e di espressione per tutti i cittadini.

Una sentenza ampiamente in linea con i principi di laicità dello Stato proprio perché ha riconosciuto la libertà di espressione come un diritto fondamentale, sancendo il principio fondamentale di non interferenza dello Stato in questioni di natura religiosa.

La stessa sentenza ha anche sottolineato l’importanza di una società pluralista e inclusiva, in cui le diverse opinioni e credenze sono rispettate e tutelate. La criminalizzazione della bestemmia e delle manifestazioni oltraggiose verso i defunti rappresenta una forma di discriminazione nei confronti di coloro che non condividono i valori e le credenze della maggioranza religiosa.

Si, ma così le persone si offendono, dice l’uomo di strada. Anche su questo la sentenza ha preso una chiara posizione: la tutela dei sentimenti religiosi non può essere utilizzata come pretesto per limitare la libertà di espressione, a meno che non vi sia una giustificazione sufficiente e proporzionata. In una società laica, lo Stato non può assumere il ruolo di garante della morale e della religione, anzi, è tenuto piuttosto garantire la libertà di pensiero e di espressione per tutti i cittadini, indipendentemente dalle loro convinzioni personali.

La posizione legale dei Carabinieri in questo scenario appare quindi piuttosto delicata, poiché dipende da una serie di fattori e circostanze da non sottovalutare. Sebbene l’Art. 724 sia ancora in vigore, è stato comunque dichiarato incostituzionale, per cui se dei ragazzi bestemmiano in pubblica piazza, questo costituisce “reato incostituzionale”, il che rende ampiamente discutibile l’intervento delle forze dell’ordine.

Una “scappatoia in corner” c’è: se il comportamento dei ragazzi è riconducibile al disturbo dell’ordine pubblico (arrecando fastidio alle persone presenti in piazza), i Carabinieri avrebbero titolo ad intervenire per ripristinare la tranquillità e garantire la sicurezza dei cittadini. In questo caso, l’intervento dei carabinieri può essere giustificato, ma non per la bestemmia in sé, quanto per il disturbo dell’ordine pubblico.

Un quadro scivolosissimo, in cui l’azione dei carabinieri va svolta nel rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini, quali appunto la libertà di espressione e il diritto alla tutela della propria dignità, che apre a scenari in cui gli agenti si troverebbero ad utilizzare la forza in modo che può essere additato come sproporzionato o discriminante nei confronti di cittadini in base alle loro opinioni o credenze personali.

Una cosa è certa, la strada per la laicità dello Stato è ancora lunga da percorrere. Su tutte, una domanda: come mai l’Art. 724 è ancora in vigore, nonostante la sentenza della Corte Costituzionale?

Foto di Apertura: Ansa

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