SMSese: obbrobrio o nuova lingua? (parte 2)

Torniamo all’argomento della settimana scorsa, cioè al linguaggio adottato dai ragazzi quando comunicano via SMS. Si, è vero, si può osservare che la legittimazione di un linguaggio di questo tipo sia la morte della lingua italiana, ma questa si potrebbe rivelare una conclusione del tutto affrettata. Infatti questa tecnica “compressiva” è utilizzata solamente nel canale che le compete (SMS / mail) mentre per le comunicazioni in chiaro la lingua italiana resta immutata. Nel caso specifico, i ragazzi ricorrono a questo tipo di linguaggio unicamente per gli scopi correlati alla comunicazione mediante il telefonino. E’ una considerazione apparentemente banale, ma che fa la differenza: l’italiano e il gergo degli SMS sono destinati a due canali diversi.

Dal punto di vista linguistico è interessante osservare che il linguaggio degli SMS si è evoluto dalla consuetudine, cioè dall’uso comune. Certo, parlare di linguaggio in questo caso non sarebbe tecnicamente corretto, si tratta più di un gergo che ha però una doppia valenza: da un lato assolve alla necessità di adattare la complessità del linguaggio naturale ad un canale di trasmissione destinato ad un uso comunicativo in tempo reale, dall’altro funge anche da strumento di identificazione della comunità dei parlanti, cioè dei giovani, che si riconoscono come parte del gruppo.

Nel gergo degli SMS, infatti, si trovano elementi di codifica di tipo compressivo per acronimo o sigla (TADB = ti voglio molto bene), codifiche delle emozioni (le faccine) che rendono estremamente sintetica la comunicazione di uno stato d’animo, sostituzione di elementi ortografici (1a = una) e sostituzioni di tipo non funzionale alla compressione del messaggio ma con valenza di simbolo di appartenenza al gruppo (K al posto di C come ad es. in okkupare / occupare).

Lo sviluppo di una codifica così complessa in tempi così brevi è un fenomeno linguisticamente sorprendente, considerando che i telefoni cellulari si sono diffusi solamente a partire da metà degli anni ’90. I ragazzi dell’ultimo ventennio hanno inventato, spontaneamente e in base alle necessità quotidiane, un sistema molto simile a quello adottato nelle comunicazioni in telegrafia di inizio secolo.

Ne abbiamo già parlato tempo addietro, occupandoci del linguaggio radiotelegrafico. I radiotelgrafisti usavano dire infatti 73 per “abbracci”, QTH per indicare l’ubicazione della stazione radio, SU per dire “see you” o arrivederci e così via. Per far comprendere quanto il fenomeno di gergalizzazione sia importante, il lettore deve sapere che questo linguaggio è, ancora oggi, in uso nella comunità dei radioamatori di tutto il mondo e consente a persone di lingue, culture e costumi diversi di comunicare usando una vera e propria interlingua comune.

In entrambi i casi la necessità di comprimere il messaggio deriva da una esigenza reale, cioè dal costo intrinseco del canale di trasmissione e dalla necessità di comunicare in modo efficiente, rapido ed efficace. Ma, mentre la codifica radiotelegrafica è stata studiata a tavolino ed ha, quindi, una valenza puramente tecnica, il gergo degli SMS è prodotto da un aggregato di consuetudini, ed è legato prettamente a fattori culturali.

Okkio, allora a sottovalutare questi fenomeni che rappresentano, invece, lo specchio di una esigenza sociale e, in definitiva, della nostra condizione umana.

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Una risposta a SMSese: obbrobrio o nuova lingua? (parte 2)

  1. piero scrive:

    Fino a pochi minuti fa consideravo il movimento futurista una stranezza.
    Ora l’illuminazione:Marinetti aveva saputo precorrere i tempi.
    Giusto cent’anni fa redigeva il manifesto futurista.
    Novello Jules Verne ha saputo anticipare il futuro.

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