Il punto sulle unioni civili in Europa

images-4In Italia il percorso del DDL Cirinnà sulle unioni civili è sempre più travagliato. Mentre ci si scontra letteralmente a colpi di emendamenti e informazione parziale, il resto d’Europa ci lascia decisamente a fare da fanalino di coda.

La ricerca di Pew Research Center riporta un quadro piuttosto chiaro sullo stato del riconoscimento del diritto alla famiglia omosessuale in Europa. Innanzitutto le buone notizie: solamente venti paesi in tutto il mondo hanno ratificato le unioni civili e quattordici di questi sono in Europa. Europa, quindi, decisamente avanti dal punto di vista culturale.

La cattiva notizia è che l’Europa è composta da diverse decine di paesi e non è certamente omogenea dal punto di vista culturale, economico e sociale. Il mancato riconoscimento dei diritti civili alle famiglie omosessuali va di pari passo con lo sviluppo del paese: vale a dire che nei paesi più civili (minor corruzione, maggior libertà di stampa, garanzia dei diritti e così via) le famiglie omosessuali sono ampiamente riconosciute, e viceversa nei paesi meno sviluppati.

Prima di andare al risultato della ricerca vera e propria, è meglio fare un passo indietro. Cosa propone il DDL Cirinnà, o meglio proporrebbe, visto che non si direbbe arrivi intatto alla ratifica?

Il testo è suddiviso in due parti, una che propone modifiche alle leggi che regolamentano le unioni civili per le famiglie omosessuali, composta da 5 articoli, e l’altra che propone in 6 articoli importanti estensioni del diritto civile alle famiglie eterosessuali.

I primi 5 articoli rappresentano un passaggio epocale per il riconoscimento dei diritti delle famiglie omosessuali, a partire dall’Art. 1, che sancisce di fatto l’esistenza ufficiale delle coppie omosessuali, che potranno registrare in comune la loro unione esattamente come accade oggi per le coppie eterosessuali.

Si badi bene che, però, non si parla di matrimonio, ma di unione civile, ovvero di riconoscimento dello stato di diritto per le coppie di fatto non regolarmente sposate. Gli articoli successivi sanciscono proprio l’estensione dello stato di diritto alle nuove famiglie, in particolare il dovere di fedeltà, assistenza e obbligo di vivere sotto lo stesso tetto, ma anche di fruizione dei diritti garantiti dalla legge alle famiglie ordinarie, come previdenza, sanità, istruzione (Art. 3), eredità (Art. 4), obbligo di mantenimento dei figli (Art. 6).

Eh già, dei figli, ma quali figli? E’ proprio l’Art. 5 il terreno di maggior scontro e mobilitazione: la “stepchild adoption”. In sostanza, il diritto ad adottare i figli che uno dei due componenti della coppia ha avuto da precedente relazione.

In Italia oggi sono ammesse le unioni civili per le famiglie eterosessuali, ma il diritto che ne deriva fa sì che queste siano tutelate in modo molto più debole rispetto al matrimonio ordinario. Ad esempio, se uno dei due compagni è in ospedale, all’altro non è neanche garantito il diritto all’informazione sulla salute del primo. Gli articoli successivi del DDL Cirinnà tentano proprio di arginare questo importante problema, regolamentando i termini di diritto alla successione e di gestione delle tematiche legate al fine vita, disabilità o grave malattia, nonché del mantenimento dei figli in caso di separazione.

Un DDL che rappresenterebbe un passo importante di civiltà ma che, anche se passasse così com’è, sarebbe appena sufficiente per collocare l’Italia nel novero dei paesi più avanzati in tema del riconoscimento dei diritti civili.

E qui veniamo alla ricerca di Pew, con questa interessante illustrazione:

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In materia di riconoscimento dei diritti civili l’Europa è divisa in modo assolutamente omogeneo in termini geopolitici, economici e culturali. I quattordici paesi che hanno riconosciuto il matrimonio omosessuale (a sinistra nella grafica) sono compitamente distribuiti nell’Europa del Nord e dell’Est. Questo gruppo di paesi ha riconosciuto pieno diritto al matrimonio gay, equiparandolo in tutto e per tutto al matrimonio delle famiglie eterosessuali. Interessante notare che in questo gruppo di paesi si collocano anche Spagna e Portogallo. L’ultima a riconoscere le unioni civili è stata proprio l’Irlanda, a maggio scorso, dopo un sofferto voto popolare, e contro una ostinata resistenza della Chiesa Cattolica.

Secessione culturale quindi in Irlanda del Nord, paese fortemente cattolico, che ha richiesto il voto separato nel riconoscimento dei matrimoni omosessuali, collocandosi quindi nel secondo gruppo di paesi (al centro nella grafica), che riconosce solo alcuni diritti, ovvero le unioni civili. La ricerca evidenzia come siano i paesi dell’Europa Centrale, compresa la civilissima Germania, a collocarsi ancora a metà strada nel percorso di questa importante battaglia culturale.

Manco a dirlo Italia, Grecia, Turchia, Albania, Romania, Cipro e tutto il gruppo dei paesi dell’Est e Sud Europa, si schiera ancora compatto nel non riconoscere alcuna diritto alle coppie omosessuali.

Impossibile non osservare l’omogeneità delle caratteristiche sociali, economiche e culturali di questi paesi, nel senso di netta depressione. Se anche passasse il DDL Cirinnà così com’è, quindi senza stralcio della stepchild adoption, il nostro paese non sarebbe neanche collocabile nel blocco più moderno, ma occuperebbe il suo modestissimo posto nel novero dei paesi che hanno appena iniziato un percorso di modernizzazione del diritto di famiglia.

-> Vai alla ricerca di Pew 
-> Vai al testo del DDL Cirinnà 

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