Pensare a Colori: il modello cognitivo di Ned Hermman

Il nuovo stile di comunicazione “social” è ormai esteso anche alla vita reale e dimostra  ampiamente che per comunicare in modo efficace non è possibile restare aderenti ai fatti, ponendo al centro la rilevazione del dato oggettivo e le conseguenze analitiche derivabili. Chi lavora a contatto con audience variegate deve tenere necessariamente conto non solo del ruolo e della formazione della controparte, ma anche dell’orientamento di pensiero. Non è infrequente il caso in cui un dato oggettivo e la sua analisi possono essere persino controproducenti ai fini di una comunicazione efficace.

Già Carl Gustav Jung aveva posto l’attenzione sulle modalità di ciascuno di noi nell’affrontare nuovi problemi e situazioni che richiedono una analisi mirata e, oggi, chiunque lavori in un ambito che richiede comunicazione e scambio reciproco deve necessariamente imparare a fare i conti con queste importanti caratterizzazioni del sé.

A comprendere l’importanza di questo fenomeno in un contesto aziendale è stato William “Ned” Herrmann, responsabile della formazione dei manager della General Electric. Hermann sviluppò da questa esperienza il metodo HBDI o Herrmann Brain Dominance Instrument, un vero e proprio sistema metrico di valutazione volto a misurare e descrivere le preferenze di pensiero delle persone.

La letteratura riporta diversi esempi di modelli di misurazione degli stili cognitivi e dell’approccio psicologico all’apprendimento, come il Test di Luscher e  la valutazione DISC,  divenuta  celebre non solo per la sua efficacia, ma anche per essere stato ideato dal creatore di Wonder Woman, William Moulton Marston, una storia davvero singolare e avanti per la sua epoca raccontata in modo esemplare dal film Il Professor Marston e Wonder Woman.

Un numero consistente di ricerche ed autori in letteratura ha confermato che il cervello tende ad esercitare le proprie azioni cognitive in modo raggruppato, cui corrispondono altrettante attivazioni di aree cerebrali. Il metodo HBDI si basa su queste teorie della modularità delle funzioni cognitive, fondate sulle specializzazioni ben documentate della corteccia cerebrale e dei sistemi limbici, e sulle ricerca in merito alle caratteristiche funzionali dei lato destro e sinistro del cervello di Sperry, Ornstein, Mintzberg e Gazzaniga.

Il metodo Herrmann sviluppa ulteriormente queste teorie in modo da presentare, sotto forma di test, una serie di concetti rappresentati da parole-chiave, per indurre l’indivudo a riflettere sul proprio modo di pensare e di apprendere.

Essendo basato su un costrutto essenzialmente metaforico, l’approccio di Herrmann ha anche ricevuto critiche da parte di ricercatori del cervello (Terence Hines) per la eccessiva semplificazione, pur se una discreta varietà di contesti organizzativi, in particolare aziende ed istituzione governative, ne ha confermato l’applicabilità e l’efficacia.

Ciascuno di noi ha quindi una modalità caratteristica di attivazione delle funzioni cognitive che, appunto semplificando, Herrmann raggruppa in quattro aree distinte cui corrispondono altrettante caratterizzazioni o modi di pensare.

Il Pensiero Analitico: questa modalità è basata su processi mirati alla rilevazione del dato e al suo processo analitico che è tipicamente logico, fattuale, critico, tecnico e quantitativo. La modalità analitica è incentrata preferenzilmente sulla raccolta di dati, analisi, comprensione di come funzionano le cose, valutazione delle idee in base a fatti, criteri e ragionamento logico.

Il Pensiero Sequenziale: le caratteristiche di questa modalità sono il custodire, strutture, organizzare in modo complesso e/o dettagliato, in particolar modo nella pianificazione. Chi opera in questa modalità di pensiero preferisce tipicamente seguire indicazioni e piani operativi, il lavoro orientato al dettaglio, la risoluzione dei problemi passo passo, l’organizzazione e la implementazione volta alla estensione o al miglioramento.

Il Pensiero Interpersonale: è una modalità tipicamente cinestetica, emotiva, spirituale, sensoriale e basata sul sentimento. Una modalità di pensiero in cui la persona preferisce ascoltare ed esprimere idee, cercare il significato personale, l’input sensoriale e l’interazione di gruppo.

Il Pensiero Immaginativo: è il creativo, visivo, olistico, intuitivo, innovativo e concettuale. I processi cognitivi in questa modalità danno tipicamente preferenza ad osservare il quadro generale, prendere iniziative, mettere in discussione ipotesi, immagini, pensare in modo metaforico, risolvere problemi creativi, avere una visione a lungo termine.

Herrmann ha coniato il concetto di Whole Brain Thinking per sottolineare l’importanza della flessibilità che deriva dall’uso di tutti e quattro gli stili di pensiero, che non restano più prerogative immutabili, ma che possono essere coltivati e sviluppati per avere una capacità cognitiva a tutto tondo, che consenta non solo di cogliere le sfumature che altrimenti andrebbero perse adottando solamente un approccio, ma anche di dialogare e confrontarsi in modo effiace con chi adotta un approccio cognitivo diverso, quando non addirittura diametralmente opposto, al nostro.

In Italia è possibile approfondire il metodo di Herrmann con l’agile testo edito da Castelvecchi, Persone a Colori, di Paola Pirri, David Cariani e Lara Cesari, che propone Whole Brain Thinking attraverso un adattamento del questionario di self-assessment originale proposto da Hermmann, associando alle quattro tipologie di personalità quattro colori, Blu per l’Analitico, Verde per il Sequenziale, Rosso per l’Interpersonale e Giallo per l’Immaginativo.

Il libro è interessante per chi lavora in azienda o nel mondo della comunicazione perché non solo consente agevolmente di adattare il proprio stile comunicativo a seconda della attività specifica che è chiamato ad assolvere, come la motivazione, la formazione e la vendita, ma anche di individuare le proprie aree carenti proprio per svilupparle ed ampliare le proprie facoltà esperienziali e cognitive verso un modello Multicromatico, il Whole Brain Thinking originale di Herrmann. Gli autori propongono anche un capitolo dedicato alla seduzione, non nel senso classico del sentire comune, ma come processo di “condurre a sé”, ovvero di ridurre le distanze, avvicinando l’altro verso una esperienza comunicativa e cognitiva che appiani le differenze e riduca gli attriti.

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