Il Moto Browniano

Avete mai osservato una piuma volteggiare a mezz’aria, in balia delle forze del vento? O il fumo denso di un sigaro disegnare ampie volute e disegni complessi? Nelle prime giornate tiepide di primavera, quando il sole filtra attraverso le finestre, è possibile osservare minuscole particelle di polvere muoversi disordinatamente, a zig-zag, quasi in sospensione a mezz’aria. Perché il fumo non sale diritto verso l’alto e i grani di polvere non cadono dritti giù a terra?

Le due cose sono solo apparentemente legate. E’ nel segreto del granello di polvere che si è nascosto, per miglialia di anni, un grande avanzamento dell’umanità: il moto browniano. Il fenomeno era noto già dalla fine del XVIII secolo, finché Robert Brown, botanico inglese, non osservò sistematicamente il moto delle particelle di polline immerse in un liquido a densità costante. Il moto frenetico dei grani di polline indusse Brown a pensare che questo fosse vivo. Ma si sbagliava.

E’ solo poco meno di un secolo dopo che, agli inizi del 1900, Albert Einstein e Louis Bachelier fornirono una trattazione matematica rigorosa alla danza delle minuscole particelle di polline in sospensione. Einstein e Bachelier capirono che più le particelle sono piccole, cioé di massa trascurabile, e più trascurabile diviene la magnitudine della forza di gravità rispetto alle forze interatomiche.

Le particelle in un fluido vengono continuamente urtate dagli atomi componenti il fluido e, grazie a questi urti, sono sballottate continuamente qua e là. Il processo di spostamento delle particelle grazie agli urti degli atomi circostanti è detto di diffusione e il suo prodotto visibile è una danza inestricabile e bellissima.

E tanto più le particelle sono piccole, cioé hanno massa trascurabile, tanto più il loro moto a zig-zag diventa veloce. Per questo Brown aveva ipotizzato che i grani di polline fossero dotati di vita propria. Minore è la massa, infatti, è minore è la forza di gravità che agisce sul corpo e, sotto ad una certa soglia, le forze interatomiche e gli urti che ne derivano diventano sempre più influenti. In questo caso le dimensioni contano eccome: dimensioni intorno al micrometro rendono pienamente avvertibili i fenomeni di scattering, cioé di urto tra particelle.

E’ nelle piccole dimensioni che si nasconde il segreto della percezione delle forze interatomiche: quando prendiamo in mano una tazza di caffé bollente, la sensazione di calore che avvertiamo è del tutto immaginaria. I nostri polpastrelli ricevono, in realtà, una miriade di piccoli urti dalle particelle della tazza ed è il nostro cervello a convertire questa percezione nella sensazione di “temperatura”. I ragni, i gechi ed i piccoli insetti camminano sui muri grazie ad una infinità di minuscoli peli dell’ordine del nanometro che, interagendo con gli atomi dei materiali solidi, consentono a queste meravigliose specie di camminare sui muri. Torneremo su tutti questi argomenti a tempo debito.

A noi abitanti del mondo macroscopico, dotati di massa relativamente grande, le forze interatomiche sono rimaste nascoste per migliaia di anni e siamo apparentemente in balia della sola forza di gravità. O, almeno, così abbiamo sempre creduto.

O forse, invece, la natura ha tentato a più riprese di svelare all’uomo questo segreto esponendolo agli urti e agli improvvisi cambi di direzione della casualità.

 

(Grafico del moto browniano a cura del Bio Lab dell’Università del Colorado)

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