Confederalismo Democratico: l’esperimento socialista e laico che spaventa ISIS e Occidente

flagPochissimi sanno che proprio in seno all’ISIS, tra Siria e Turchia, è in corso un esperimento sociale unico nel suo genere, dove popoli di etnia, religione, cultura diversa si uniscono in modo pacifico e, soprattutto, autoregolato. E’ la regione del Rojava, nome praticamente sconosciuto in Italia grazie all’assoluto silenzio dei mezzi di informazione.

Il Rojava è una regione autoproclamata indipendente che sta letteralmente strappando metro su metro intere porzioni di terriotorio allo stato islamico, l’ISIS, incuneandosi in una sottile striscia di terreno tra Siria e Turchia. Sottile si fa per dire, data l’estensione dei territori nel deserto.

La nascita del Rojava affonda le radici in una storia lontana, fatta di pregiudizi e falsa informazione, se non cosciente depistaggio. Per comprenderne le radici occorre andare indietro fino ai due colpi di stato militari in Turchia del 1971 e 1980 e alla fondazione del  Partito dei Lavoratori Curdi (PKK) da parte di Abdullah Ocalan.

Nel complesso intreccio geopolitico si colloca anche la spinta separatista dei Curdi, per un Kurdistan libero e separato dalla Turchia. Una questione complessa che ha visto le forze separatiste Curde e la Turchia fronteggiarsi in un sanguinoso conflitto che dura ancora oggi. Da allora, con estrema regolarità, la Turchia preme perché i mezzi di informazione occidentali associno il PKK al terrorismo, e ultimamente anche all’ISIS.

Quella di Ocalan è una pagina oscura per il nostro paese, perché il leader chiese asilo 421614politico all’Italia nel 1998. Dopo una complessa vicenda interna in cui l’allora Presidente del Consiglio Massimo D’Alema non brillò per trasparenza,  Ocalan venne “convinto a partire” – cioé estradato – per Nairobi. Una questione spinosa perché l’Italia non poteva estradare Ocalan per via della pena di morte al tempo vigente in Turchia. Ocalan fu catturato e, da allora, rinchuiso in un carcere di massima sicurezza Turco sull’isola di Imrali.

La domanda è d’obbligo: perché Ocalan fa tanta paura alla Turchia? Dietro l’accusa di terrorismo c’è ovviamente dell’altro. E questo altro è dato dalla visione politica di Ocalan, documentata dallo stesso leader nella sua Dichiarazione di Confederazione Democratica in Kurdistan, ormai nel lontano 2005. Nel documento Ocalan teorizza il Confederalismo Democratico, una forma di autogoverno ispirata al socialismo e,  soprattutto, atea.

Un documento scomodissimo tanto per l’ISIS che per l’Occidente sia per le sue implicazioni politiche che per il forte impatto di laicizzazione in una zona geografica in cui questo processo è ancora troppo lontano. Una teoria di ordinamento democratico, oltre ad aver bisogno di un popolo che la metta in atto e che vi si riconosca, necessita di una terra per essere messa in atto. E questa terra, oggi, è proprio il Rojava.

E’ solo nel 2014 che i popoli Curdi della zona di confine tra Turchia e Siria mettono in atto le teorie di Ocalan, soprannominato Apo dalla popolazione locale. L’esperimento sociale del Rojava – che significa occidentale in curdo – nasce nella peggior situazione possibile. Tre cantoni separati da una striscia di terra proprio in bocca all’ISIS, separati l’uno dall’altro fino a poco più di un anno fa, che vanno sotto il nome di Kobane, Jazira e Afrin.

Un luogo dove popolazioni di cultura e religione radicalmente diverse convivono in modo completamente autoregolamentato in base ad un Contratto Sociale, il cui dettato prevede tutti i temi caldi alla visione progressista e laica occidentale, ovvero la laicizzazione dello stato, la liberta di religione e di genere, l’assenza di discriminazione in base all’etnia, l’abolizione della pena di morte, il rispetto della dignità umana in tutte le forme, il diritto alla sicurezza personale, all’istruzione gratuita ed obbligatoria, all’assistenza sanitaria. Un luogo dove, ad esempio, le donne godono di assoluta parità e del diritto alla maternità e dove i bambini vedono riconosciuto il diritto all’infanzia. In calce a questo articolo è possibile scaricare il testo integrale del leader curdo, e farsi una Capture d’écran 2015-02-08 à 23.48.06opinione oggettiva della questione.

Facile comprendere perhé Apo Ocalan sia visto come un terrorista dalla Turchia e perché questa venga assecondata in questa visione dalle “democrazie” occidentali. E si badi bene che la parità di genere è un piatto molto amaro in quelle zone, dove si combatte durametne contro l’ISIS. A proposito, già che ci siamo, è ora di smontare anche la denominazione giornalistica occidentale “ISIS” o “ISIL”, per adottare il termine usato nella zona Turco-Siriana: si chiama Daesh.

Piatto amaro per le donne, che non solo in Rojava partecipano alla vita pubblica, ma anche a quella militare. Uno stato giovane in una situazione geopolitica così complessa è praticamente impossibile da tenere senza adeguata forza militare di protezione. A questo compito assolvono le Unità di Protezione della Popolazione Curda, nei due corpi maschili (YPG) e femminili (YPJ).

Sia chiaro: si parla di conflitto, cioè di guerra. Merita sicurametne di essere raccontata, pur nella assoluta condanna a qualsiasi forma di aggressione armata unilaterale, la notevole storia del corpo femminile delle unità di protezione YPJ che conta, ad oggi, tra le 7 e le 10 mila unità combattenti. Detto così sembrano soldatini: donne, ragazze, spesso poco più che ventenni, che si sono distinte in battaglia e che hanno avuto un ruolo cruciale nella liberazione di Kobane da Daesh nel 2015.

Le ragazze dell’YPJ sono state spesso contrabbandate dai media e dai social network come occidentali che “vanno a farsi sparare” in Siria, come accadde on Greta e Vanessa, a dispetto della abnegazione di tutto il corpo. Il comandante delle YPJ è – ovviamente – una donna, Nessrin Abdallah, che spesso ha visitato l’Italia nel più assoluto silenzio dei media. Pochissime le eccezioni nell’editoria, tra cui il recente “Kobane Calling” del fumettista romano Zerocalcalre.

-> Vai al testo originale del Confederalismo Democratico

 

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