Dalla Relatività Generale alle Superstringhe

d8e4b573e4518013b7d41dc4951d8d0cDopo Einstein e il terremoto portato dalla Teoria della Relatività Generale riguardo alle certezze sullo spazio e il tempo, e dopo la meccanica quantistica ed il suo mondo onirico fatto di probabilità, l’umanità si è ritrovata proprio all’inizio di un XX secolo che prometteva un salto notevole di qualità in termini di conoscenza del mondo, con una quantità di interrogativi a dir poco drammatica.

All’inizio degli anni ’40, fu proprio Werner Heisenberg, privato del concetto assoluto di spazio e tempo, a dover fare i conti con il materiale a disposizione per produre una teoria scientifica in grado di giustificare le interazioni subatomiche dette forti, cioé le forze che tengono insieme gli atomi. Heisenberg pensò di partire dai concetti della meccanica quantistica, che egli stesso e un team di tutto rispetto con personaggi del calibro di Schroedinger, e Dirac, contribuì a formalizzare. L’impostazione quantistica ha un’impronta decisamente orientaleggiante che sembra presa da uno di quei romanzetti New Age: la realtà non è misurabile direttamente e, in linea con tutte le filosofie orientali, il solo fatto di osservare implica una trasformazione della realtà stessa. In meccanica quantistica l’osservazione è rappresentata da un operatore matematico detto osservabile. E’ l’osservabile a restituire le misurazioni sullo stato del sistema che, per sua natura, rimane completamente precluso all’osservatore. Le misurazioni ottenute dall’applicazione dell’osservabile non sono numeri puri, ma distribuzioni di probabilità.

In post precedenti abbiamo introdotto l’esperimento di Young e la diffrazione: la stenger2meccanica quantistica è in grado di modellare con precisione il comportamento probabilistico di un elettrone che passa per una fenditura. Una rivoluzione. Aggiungendo a tutto ciò la difficoltà che lo spazio e il tempo non sono misure affidabili, perché dipendenti dalla velocità (le contrazioni di Lorentz di cui abbiamo già parlato la settimana scorsa) il quadro si complica non poco. Heisenberg pensò di costruire un modello predittivo del comportamento della materia, in particolare delle interazioni forti, basato principalmente sulla quantità di moto delle particelle. E’ un concetto estremamente complesso da discutere in un testo divulgativo, ma il punto chiave da comprendere è che il comportamento della materia, sebbene probabilistico, è intrinsecamente legato all’energia che la materia porta con sé.

Una delle più incredibili difficoltà della meccanica quantistica è data dal concetto di sovrapposizione, per cui la materia, nel mondo subatomico, può stare contemporaneamente in più stati. Per fare un esempio, se potessimo costruire oggetti macroscopici che preservino il comportamento subatomico, avremmo un dado quantistico che, lanciandolo, non restituirebbe un unico valore, ad esempio 6, ma una sovrapposizione di più valori come un quarto di 6 e tre quarti di 2. Contemporaneamente. La sovrapposizione non è che una delle stranezze del mondo quantistico, pienamente supportata dalle evidenze sperimentali. Prendiamo ad esempio un filtro polarizzatore (vedi link a fine articolo), che lascia passare fotoni oscillanti solamente su un piano, come ad esempio il piano orizzontale.

Al livello subatomico accade un fenomeno veramente complesso da accettare, per noi abitanti del mondo macroscopico: quando polarizziamo un fotone in diagonale, la sua polarizzazione è contemporaneamente sia verticale che orizzontale. Vale a dire che non costruiamo uno stato “terzo” a sé, ma un vero e proprio mix dei primi due. Tanto che il concetto di “diagonale” in meccanica quantistica è radicalmente diverso da quello del nostro mondo. Se dovessimo renderlo a parole, dovremmo usare un coro a due voci che reciti, contemporaneamente, le parole orizzontale e verticale.
In meccanica quantistica non si ha a che fare con eventi determinati, ma con distribuzioni di probabilità. Abbiamo visto in un post precedente che se prendiamo due filtri polarizzatori e li disponiamo ortogonalmente, per essi non passa luce. Ma se inseriamo un terzo polarizzatore tra i due, in sequenza uno orizzontale, poi uno diagonale e poi un terzo verticale, poiché la probabilità che un fotone passi per uno diagonale e per uno orizzontale o verticale è del 50%, alla fine, combinando le due probabilità si ottiene che la probabilità che il fotone passi per il primo (orizzontale), poi per il secondo (diagonale) e infine per il tre_polarizterzo (verticale) è del 25 %.

In altri termini, abbiamo sperimentato, contemporaneamente, che per un polarizzatore orizzontale ed uno verticale non passa luce, ma se inseriamo un terzo filtro il risultato del secondo esperimento contraddice il primo. E’ il paradosso della polarizzazione: aggiungendo un polarizzatore tra due che bloccano la luce, questa passa nuovamente. I fotoni che viaggiano tra i tre polarizzatori mantengono sempre il loro stato di sovrapposizione per cui, per quanto assurdo possa sembrare, i due esperimenti – pur se contraddittori – sono contemporaneamente validi.

Senza né spazio né tempo e con il fenomeno intrinseco della sovrapposizione, Heisenberg pensò di codificare trasformazioni di stato tra particelle in una matrice, detta Matrice S, che definiva le probabilità di variazione della quantità di moto di gruppi di particelle a seguito di specifici eventi.

Contemporaneamente, i fisici di tutto il mondo stavano letteralmente spaccando l’atomo Tullio_Reggein quattro e continuavano a scoprire nuovi tipi di particelle subatomiche. Furono due italiani, Tullio Regge prima, che scoprì che queste trasformazioni, pur restando probabilistiche, tendevano a raggrupparsi in base alla quantità di moto delle particelle stesse e a disporsi lungo traiettorie specifiche, dette Traiettorie di Regge, e Gabriele Veneziano, che contribuì assieme ad un team internazionale a comprendere come questi raggruppamenti fossero molto più simili a filamenti, o stringhe. Fu solo a metà degli anni ’80 che un team svedese ed americano composto da Susskind, Nambu e Nielsen, produsse il primo modello di Teoria delle Superstringhe.

Dopo un periodo di oblio la Teoria delle Superstinghe ha ripreso nuovamente piede, grazie al fatto che non solo è in grado di giustificare una serie di fenomeni subatomici, ma anche la forza più debole di tutte, la gravità, e una nuova visione cosmologica. E’ una teoria cruciale per la conoscenza scientifica che promette di mettere insieme teoria della relatività e meccanica quantistica. Una delle più complesse caratterizzazioni della fisica subnucleare è, infatti, la modellazione di elettroni e quark, i costituenti dell’atomo, come entità adimensionali prive di massa.

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Prospetto delle interazioni subatomiche delle particelle fondamentali

Secondo la teoria delle superstringhe i costituenti dell’atomo non sono particelle elementari ma filamenti unidimensionali in oscillazione. Le grandezze fisiche osservabili, relative ad elettroni e quark, come ad esempio la carica o lo spin, sono date dal modo in cui queste superstringhe oscillano. La teoria ne prevede anche una versione generalizzata multidimensionale, non più stringhe, filamenti, ma membrane, dette brane osusskind p-brane, perché a p dimensioni. Si tratta di un impianto molto complesso, difficilmente comprensibile senza l’adeguato supporto di teorie matematiche, in cui l’universo è costituito da p-brane a dieci o più dimensioni e tutte le interazioni osservabili sono date da vibrazioni di queste membrane, anche su scala cosmica. Secondo la teoria, le dimensioni addizionali rispetto alle tre che percepiamo comunemente sono “accartocciate” (i fisici dicono compatte) su sé stesse. Ad esempio, è possibile far apparire un oggetto in tre dimensioni come una sottile linea accartocciando le altre due lungo l’asse della linea, a formare un cilindro. Una rivoluzione ancora da dimostrare: la Teoria delle Superstringhe spiega tutte le interazioni tra le particelle fondamentali.

Le 6-7 dimensioni extra sono talmente compatte da non essere sperimentalmente rilevabili dai nostri strumenti: è importante però osservare che la teoria matematica diventa consistente con la loro introduzione. In una linea unidimensionale, che invece è un cilindro le cui due dimensioni addizionali sono “accartocciate”, la carica, ad esempio, è modellabile come la quantità di moto di un oggetto in rotazione nella direzione della linea stessa.

Data la dimensione paragonabile alla distanza di Planck di queste 6 o 7 dimensioni, su scala così microscopica occorrono particelle di altissima energia per investigarne il comportamento.

Immagino già la vostra domanda: ma la teoria è vera? Lo scopriremo con i nuovi strumenti come il collisore di adroni LHC di Ginevra: porteranno sicuramente maggior luce negli anni a venire, come hanno già fattto con le Onde Gravitazionali ed il Bosone di Higgs.

LidiMatematici torna tra due Lunedì

-> Vai all’approfondimento sull’esperimento dei polarizzatori

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