Bere poco danneggia il cervello: la ricerca del Weill Cornell Medical College

drinkwaterSecondo la ricerca del Dott. Giuseppe Faraco del Feil Family Brain and Mind Research Institute, Weill Cornell Medical College di New York, la privazione di acqua anche in piccole percentuali innescherebbe un processo di disfunzione cerebrale. In altri termini, sarebbe sufficiente ad impedire il corretto funzionamento dei neuroni.

Era già noto da uno studio precedente, datato 2010, che una idratazione adeguata è essenziale per il normale funzionamento del cervello e che la disidratazione induce una vera e propria deteriorazione delle funzioni cognitive. A rendere il quadro ancora più severo, lo studio precedente riporta come la disidratazione sia addirittura un fattore di rischio di episodi ischemici.

Il fenomeno, riscontrato in uno studio sistematico sui topi che associa la deprivazione di acqua alla misurazione del flusso ematico intracerebrale, correla chiaramente la quantità di acqua assorbita attraverso l’alimentazione con lo stress cerebrale. Lo studio del Dott. Franco pone l’accento su quanto sia davvero essenziale una corretta idratazione, non solo per il corpo, che non può ovviamente sopravvivere senza acqua, ma anche per il cervello. Privandoci di acqua rischiamo infatti dapprima una semplice perdita delle funzioni cognitive, quindi un “offuscamento” generale, fino al delirio e infine al coma.

E’ una accortezzza che tutti dobbiamo avere: gli sportivi devono stare particolarmente attenti ad idratarsi, anche un leggero stato di disidratazione è sufficiente ad abbattere la performance. Nei giovani adulti e nei bambini può cambiare l’umore, ridurre la e-body_of_waterconcentrazione, la capacità di attenzione e persino la memoria a breve termine. Negli anziani porta a disfunzioni cognitive ancora più importanti ed un significativo sbilanciamento della composizione dei fluidi corporei. E sono proprio gli anziani che aumentano il rischio di ischemia cerebrale, a causa della conseguente ipertonicità del plasma, il fluido che trasporta il sangue, che diviene troppo denso.

Lo studio mette in evidenza come il meccanismo che porti effettivamente a questi fenomeni non sia del tutto noto, una possibile ipotesi sta nell’alterata meccanica del movimento dei flussi cerebrali (omeostasi). In pratica la riduzione delle percentuali di acqua impedirebbe al cervello di ricevere il corretto apporto di ossigeno e glucosio (gli “zuccheri”) rispetto alle esigenze energetiche. Sembrerebbe che sul banco degli imputati sia proprio il livello di plasma (vasopressina, VSP) che aumenterebbe in stato di disidratazione. Essendo uno dei principali meccanisimi di supporto alle attività cerebrali, la degenerazione delle facoltà cognitive sarebbe una immediata e diretta conseguenza. L’effetto principale si avrebbe sul dosaggio di angiotensina II (ANGII), che a sua volta concorre al trasporto di energia per mezzo del sistema vascolare (ossigeno e zuccheri), che lavorerebbe a regime ridotto inducendo quindi la perdita di funzioni cognitive.

I risultati dello studio parlano chiaro: la deprivazione di acqua nell’arco di 24/48 ore è correlata con sintomi importanti: riduzione del peso corporeo, riduzione della pressione arteriosa, incremento dell’ematocrito, incremento dell’AVP plasmatico e, in definitiva, un generale decadimento delle funzioni cognitive.

Gli effetti della disidratazione sono quindi ad amplissimo spettro. Bere diventa quindi fondamentale, secondo le linee guida di una corretta alimentazione, ed è ancora più importante nei bambini, giovani, anziani e sportivi.

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